Keita Baldé Diao ha procurato e pagato per un mese alloggio, vitto e vestiario per 150 lavoratori stagionali senegalesi a Lleida in Catalogna, la regione dov’è nato e cresciuto l’attaccante del Monaco e del Senegal, che in Italia conosciamo benissimo in quanto ex di Lazio e Inter. Almeno una dozzina di hotel e strutture della cittadina si erano rifiutati di ospitare i braccianti agricoli prima dell’intervento del calciatore e solo di recente il comune catalano si è fatto carico della situazione. Il Corriere della Sera ha dunque voluto intervistare Keita Baldé Diao, che si è mosso dopo avere visto il video girato dal portavoce dei lavoratri: “Mi sono commosso per la vicenda, l’ho contattato e abbiamo iniziato pensare a come risolvere il problema“. Inizialmente Keita non voleva apparire, ma alcune questioni burocratiche gli hanno imposto di uscire allo scoperto e alla fine “è andata bene così, se non mi fossi esposto credo che i lavoratori avrebbero continuato a dormire in strada“. Per Keita Baldé Diao la vicenda di questi braccianti stagionali senegalesi ha ricordato i sacrifici fatti dai suoi genitori per arrivare in Europa “e dare un futuro migliore ai loro figli: per questo quando vedo situazioni del genere provo sempre ad aiutare. L’ho fatto con tutto il cuore, perché mi ritengo un ragazzo di cuore: non era una cosa pensata per finire su Instagram, ma per risolvere un problema. Così è stato”.



KEITA, L’AIUTO AI BRACCIANTI E LA LOTTA AL RAZZISMO

Keita Baldé Diao ha anche visitato la porta degli schiavi sull’isola di Gorée in Senegal, dove venivano scelti i lavoratori da condurre in America e “ogni volta che vado mi viene la pelle d’oca, per tutto ciò che significa quel luogo. Lì ti spiegano bene cosa accadeva in quegli anni, una realtà durissima: la storia è sempre meglio conoscerla”. In questo periodo le difficoltà economiche legate alla pandemia di Coronavirus si intrecciano a una nuova sensibilità per la lotta contro il razzismo, tema ancora delicato nello sport e nel calcio: “Gli episodi si ripetono puntualmente purtroppo, e io darei tutti i soldi che ho guadagnato in questi anni, se servissero a far sparire il razzismo. Ma dipende dall’educazione e dai valori delle persone. Non è semplice”. Keita conosce bene anche la situazione italiana e aggiunge: “In Italia il problema si ripresenta spesso e bisogna fare in modo che accada meno. A volte sono pochi scemi a comportarsi male. Però c’è gente cattiva, che cerca di attirare l’attenzione e non va sottovaluta. Chi non vive in Italia e non conosce tutte le belle persone che ci sono da voi, può essere spaventato quando succedono certi episodi. Io mi sono trovato benissimo e non giudico un Paese per cento che sbagliano: però tutti insieme dobbiamo cercare di abbassare quel numero”. Keita in Senegal contribuisce a costruire con Mané del Liverpool “scuole, moschee, ospedali, strade”. Il suo sogno d’altronde è chiaro: “Cerco di migliorarmi tutti i giorni. E non solo dentro a un campo di calcio”.

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