PERCHÈ LO SPEAKER USA MCCARTHY È STATO SFIDUCIATO DAL SUO STESSO PARTITO

La notizia è ormai arci-confermata (e ne abbiamo parlato qui approfonditamente): Kevin McCarthy non è più lo speaker della Camera Usa, sfiduciato dal suo stesso partito, i Repubblicani (o almeno parte di esso). Il tutto appena due giorni dopo che a fatica il Congresso americano aveva evitato lo “shutdown” degli enti pubblici, rinviando di 45 giorni la problematica, a costo di ridurre però le sovvenzioni per gli aiuti militari all’Ucraina: insomma, la vicenda McCarthy si porta dietro non solo uno scontro accesissimo in casa GOP a pochi mesi dalle Primarie per le Presidenziali 2024, ma rischia di avere ripercussioni importanti su diverse altre tematiche urgenti per la politica interna ed estera americana (e non solo).



Riavvolgiamo un attimo il nastro e partiamo dal fondo questa volta, con le dichiarazioni rese dallo stesso ex speaker della Camera, sostituito dallo speaker ad interim Patrick McHenry: «Oggi ho perso una votazione, ma ho combattuto per ciò in cui credo e io credo nell’America». L’accusa principale contro McCarthy fatta dall’ala più filo-Trump nei Repubblicani è quella di aver negoziato con i Democratici in modo da evitare lo shutdown e modificare la spesa sulle armi a Kiev: «Non sono pentito per aver negoziato, mi hanno insegnato a risolvere i problemi non a crearli». Davanti alla sfiducia votata da 8 repubblicani assieme a tutto il gruppo Dem, McCarthy sentenzia «Se dovessi dare un consiglio al prossimo speaker della Camera gli direi di cambiare le regole. Si tratta di un attacco personale. Loro non sono veri repubblicani. Non sono del partito di Reagan».



TRUMP, BIDEN, SHUTDOWN E AIUTI ALL’UCRAINA: COSA STA SUCCEDENDO

È la prima volta della storia americana che lo speaker della Camera viene destituito con una mozione di sfiducia, per di più su azione del suo stesso partito, per mano del repubblicano trumpiano Matt Gaentz, autentico nemico n.1 da tempo per Kevin McCarthy. Sono bastati 8 deputati Gop per far venire meno a McCarthy la sua risicata maggioranza, dato che i dem non gli hanno offerto nessun aiuto: il voto è finito con 216 sì e 210 no. Gaetz ha accusato McCarthy di non mantenere le promesse e in qualche modo di aver “flirtato” con la sinistra: in particolare, lo accusa di aver fatto approvare il rinvio dello shutdown di un mese e mezzo «con i voti dei dem» e di avere «un accordo collaterale segreto con Biden per continuare a finanziare Kiev con una legge ad hoc».



L’ex speaker ha poi risposto che l’attacco non è motivato dalla volontà di limitare le spese statali, ma «dal risentimento personale», in quanto Gaetz è attualmente sotto inchiesta alla Camera per abuso sessuale di una minorenne. Ai trumpiani non è andata giù invece l’accordo al ribasso di McCarthy a poche settimane dalla Manovra (su cui si crea un enorme problema di gestione dei lavori parlamentari, con lo scranno vuoto alla vigilia della discussione sul bilancio): l’ala più dura dei Repubblicani voleva un taglio molto più netto alla spesa pubblica, specie sul fronte estero per la guerra in Ucraina, dirottando invece i fondi economici per risolvere problematiche molto più legate alla politica interna Usa. Ora però, con shutdown rinviato e con il Presidente Biden che ha dovuto sentire direttamente Zelensky (e gli alleati in guerra, Italia compresa) per garantire il sostegno continuo degli Stati Uniti a Kiev, i problemi potrebbero essere appena cominciati per la Casa Bianca: sentire per credere lo stesso McCarthy, che pure rappresenta l’ala più moderata dei Repubblicani e “fatto fuori” proprio perché negoziatore con i Dem. «Muoiono più americani al confine tra Stati Uniti e Messico che ucraini nella guerra contro la Russia», ha proseguito McCarthy spiegando perché nella Manovra provvisoria da lui proposta e approvata dal Congresso sono stati tagliati i fondi all’Ucraina, «La Casa Bianca non può continuare a ignorare il dramma per gli americani al confine», ha attaccato. L’ala “trumpista” è ancora più netta su questo tema e con la “profezia” del Pentagono – che pochi giorni fa ha spiegato di avere «finanziamenti per forniture e armi verso l’Ucraina disponibili solo per 6 mesi» – si rischia seriamente di avere nelle prossime settimane una ricalibratura imponente dell’assetto di aiuti all’esercito ucraino.