Kim Jong-un è vivo: avrebbe tagliato un nastro, davanti a una folla di persone plaudenti con indosso mascherine anti-contagio. La stampa italiana prima ha sottolineato che nessuna agenzia indipendente ha potuto verificare quanto diffuso dall’agenzia nordocoreana Kcna. Poi ha cominciato a dubitare. Francesco Sisci, giornalista, editorialista di Asia Times, ha dato per primo in Italia la notizia della pressoché sicura fine di Kim. “Naturalmente potrei essermi sbagliato, e se così fosse lo dirò e mi scuserò per essere stato ingannato” – ci dice quando la nuova apparizione di Kim circola ormai da un giorno – ma il punto è com’è stata data questa smentita”.
Che cosa non la convince?
Abbiamo un filmato e delle fotografie che non si sa quando sono state scattate. Mancano dettagli fondamentali. È troppo poco. Se si vuol dare una smentita vera di una notizia così importante quando da giorni tutto il mondo dice che il leader è morto, lo si fa in un altro modo.
Come?
Si fa incontrare Kim con qualche rappresentante straniero a Pyongyang e si diffonde il video dell’incontro. Oppure si fa un video con una prova provata che risalga a quel giorno: per esempio Kim con in mano un quotidiano riconoscibile del giorno stesso.
Niente di tutto questo.
Infatti. Ripeto: posso essermi sbagliato per primo, ma quella della Kcna non è una vera smentita.
Perché allora dire che Kim è vivo?
Siamo nella fase della gestione politica della sua scomparsa. Del resto lo avevamo previsto. Anzi, c’è una cosa in più: è bizzarro che la Kcna senta il dovere di fare una smentita che non è una smentita.
Qual è la sua conclusione?
Se non abbiamo la certezza indubitabile che Kim è vivo, allora abbiamo una elemento in più, e non in meno, per dire che egli sia morto.
A chi giova questa smentita?
Alla sorella Kim Yo-jong, perché è una candidata naturale alla successione, ma al tempo stesso è la più debole. Se il fratello è morto, deve affermare il suo potere davanti ai generali del regime. E potrebbe avere bisogno di tempo.
Cosa dicono gli Stati più coinvolti nel dossier nordcoreano?
Il capo dell’intelligence di Taiwan aveva detto che Kim era molto malato e non si è pronunciato. Il South China Morning Post oggi (ieri, ndr) ha riportato quanto detto dalla francese Afp, cioè non si è schierato. Gli Usa sostanzialmente hanno detto che devono verificare, e il Giappone tace. La Sud Corea ufficialmente aveva detto di non avere rilevato movimenti di truppe al confine, un evento tipico quando muore il leader nordoreano. È accaduto alla morte di Kim Il-sung e di Kim Jong-il.
È stato fotografato dal cielo l’ormai famoso treno blindato di Kim Jong-un.
Sì, ma non è una prova conclusiva.
Lei ha messo in conto di essersi sbagliato o di essere stato ingannato?
Certo. Se siamo stati ingannati, si è trattato di un’operazione complessa e sofisticata che ha coinvolto tante fonti. Una cosa simile avvenne nel 1986 quando Kim Jong-il fece filtrare al Sud la notizia di essere morto per rubare l’attenzione a Seul che stava ospitando i giochi panasiatici e aveva vinto la candidatura a ospitare le olimpiadi del 1988.
E cosa accadde?
Seul diede notizia della morte e poi Kim Jong-il riemerse.
Questa volta, se si tratta di un falso, potrebbero esserci altre ragioni oltre quella prettamente politica cui abbiamo accennato?
Pyongyang potrebbe avere fatto questa mossa per emergere e tornare sulla scena, in un momento in cui la Nord Corea era scomparsa dalle notizie internazionali. Forse anche per questo, memore dell’inganno subìto nel 1986, oggi Seul è più cauta.
Tutto questo cosa dice?
Torniamo al punto detto tante volte. La Nord Corea è pericolosa e senza scrupoli, ha missili balistici e testate nucleari. In passato una maggiore concertazione tra Usa e Cina aveva in qualche modo posto Pyongyang sotto controllo. Oggi che Washington e Pechino sono sempre più rivali, è facile che la Nord Corea giochi nello spazio tra Usa e Cina, con azioni provocatorie come la “finta morte”.
E se Kim fosse morto davvero, sempre vedendo il caso dal punto di vista strettamente geopolitico?
In tal caso siamo tutti impreparati a gestire la cosa.
(Federico Ferraù)