Le notizie incerte sulle gravi condizioni di salute del dittatore nordcoreano Kim Jong-un sarebbero ormai superate dai fatti. Lo dice al Sussidiario Francesco Sisci, sinologo e giornalista, in Cina da più di trent’anni, prima come corrispondente Ansa e poi come inviato ed editorialista de La Stampa, Il Sole 24 Ore e Asia Times. La situazione politica è incerta, spiega Sisci. I poteri sarebbero nelle mani della sorella Kim Yo-jong, ma non è escluso che altri membri della famiglia ambiscano alla leadership.
Kim Jong-un è ancora vivo?
Pare di no. Sarebbe morto a causa di una grave crisi cardiaca. Beveva molto, mangiava molto, fumava in continuazione e lavorava senza fermarsi. Il cuore semplicemente non ha retto.
Cosa può dirci delle circostanze della morte?
I medici a Pyongyang hanno tentato di salvarlo. Sembra sia stata anche chiamata, in un secondo momento, un’équipe da Pechino ma non c’è stato più niente da fare.
Adesso cosa succede?
Ora il problema concreto sarà come e quando si deciderà di rendere ufficiale la notizia.
Il regime nordcoreano è pronto alla successione?
No, il regime pare assolutamente impreparato. Non sappiamo nemmeno se Kim Jong-un abbia figli o meno, e se ci sono figli quanti anni abbiano e se e come uno di loro potrebbe succedere al padre.
Sappiamo che Kim aveva poteri assoluti. Adesso chi governa o sta governando lo Stato?
Al momento sembra che tutti i poteri siano passati alla sorella Kim Yo-jong, nata il 26 settembre 1988, da sempre accanto al fratello, di stesso padre e stessa madre. Risoluta, intelligente, educata in un collegio svizzero, potrebbe avere contro di sé parti della grande famiglia allargata.
A chi pensa come possibile rivale?
C’è una sorellastra più grande, Kim Sol-song, del 1974, che con il padre aveva avuto maggiore esposizione pubblica.
Ci sono altri poteri interni che hanno in mente soluzioni alternative o familiari che vogliono il potere?
Ci sono zii e cugini che occupano i vertici del paese e potrebbero non essere felici di lavorare sotto una donna, per di più così giovane e senza avere raccolto un consenso ampio. Sappiamo che l’arrivo al potere di Kim Jong-un significò un grande purga all’interno dei vertici nordcoreani. Oggi chi purgherà chi? Non è chiaro.
La Nord Corea è in grado di reggere a questo improvviso vuoto di potere?
Non è chiaro. Di certo l’ipotesi della riunificazione con il Sud, al di là delle idee di qualche nazionalista, è molto lontana. La distanza economica e culturale tra Nord è Sud è stellare. Il Nord è il paese più chiuso e arretrato dell’Asia, il Sud è uno dei paesi più ricchi del continente e ormai una stella culturale globale, come si è visto con l’Oscar al film Parasite quest’anno.
Esiste la possibilità di una riunificazione con il Nord?
È da escludere. Creerebbe un fardello economico e culturale che affosserebbe il Sud per decenni. Ma in teoria potrebbe essere possibile una soluzione intermedia.
Quale?
Un Nord che abbracci delle riforme economiche e quindi si avvii verso una possibile riunificazione. Questa era l’ipotesi sostenuta dalla Cina nel 2011, alla morte di Kim Jong-il (dicembre 2011).
E perché non è stata attuata?
Aveva bisogno di una collaborazione con l’America e il Giappone, oltre che con la Sud Corea. Oggi i rapporti Pechino-Seul continuano a essere buoni, ma sono pessimi quelli con Washington e appena migliori quelli con Tokyo.
Perché la Cina era contraria ad un terzo Kim?
La successione di Kim Jong-il, padre di Jong-un, fu lunga e laboriosa. Il padre aveva due figli e avrebbe preferito il più grande, Kim Jong-nam, ma i cinesi si opposero anche perché Jong-nam nel 2001 era stato scoperto dalla polizia giapponese all’aeroporto di Tokyo con un passaporto falso, due amanti e una valigia piena di dollari in contanti. Pechino chiese la fine della successione ereditaria, che gettava un’ombra anche sul sistema socialista cinese.
Come si arrivò a Kim Jong-un?
Il padre insistette e alla fine si trovò un compromesso su Kim Jong-un, che somigliava tanto al nonno, Kim Il-sung, fondatore della dinastia e primo leader nord coreano.
Cosa può dirci della fase politica incerta che si apre con la morte di Kim?
Essa getta un punto interrogativo pesantissimo su tutti gli assetti politici della regione. Chi ha il comando sui missili e l’arsenale nucleare nordcoreano? Non si sa. Questo è oggettivamente un punto di inquietudine perché a Pyongyang ci sono molte fazioni e alcune potrebbero essere tentate di farsi falchi per proteggere i propri interessi o le proprie ambizioni.
Qual è il margine di manovra di Seul in questa situazione?
Non credo sia decisivo. Forse Pechino ha maggiori margini, ma qui è difficile valutare. Spesso si è sopravvalutata la capacità di intervento cinese. In questo caso però il timore di un crollo del regime nordcoreano in questo momento di tensioni, e una possibile “avanzata” dell’America fino al Nord, con una estensione dell’influenza di Washington, spaventa molto Pechino.
Che cosa teme la Cina?
Non vorrebbe trovarsi 70 anni dopo ad affrontare la stessa minaccia che ebbe con la guerra di Corea del 1950. Allora le truppe americane stavano per arrivare al confine cinese e Pechino intervenne a sorpresa per respingere gli Usa.
Oggi prevalgono le somiglianze o le differenze?
In entrambi i casi si era alle prime battute di una Guerra fredda che esplose e prese corpo proprio intorno alla Nord Corea.
L’emergenza Covid-19 ha o avrà implicazioni per la crisi nordcoreana?
Per ora sembra di no. Ma non sappiamo affatto quale sia la situazione sanitaria nel paese.
(Federico Ferraù)