Giacomo Seydou Sy, figlio di Loretta Rossi Stuart, ovvero la sorella di Kim Rossi Stuart, è rinchiuso nel carcere di Rebibbia. La mamma del ragazzo ha rilasciato alcune dichiarazioni all’agenzia Adnkronos sul caso di Giacomo. Il figlio infatti è affetto da bipolarismo, ma nonostante sia arrivata una relazione psichiatrica che lo ha ufficialmente definito «inadatto al regime carcerario» è in carcere perché mancano i posti in una struttura di cura (Rems). Loretta Rossi Stuart lancia un grido d’aiuto: “È arrivato al culmine. L’ho visto ieri, è una bomba pronta ad esplodere. Se ora commette una stupidaggine si rovina la vita per sempre”. Giacomo è stato protagonista di due episodi che lo hanno portato in carcere. Resistenza a pubblico ufficiale, ed un piccolo furto da 60 euro, compiuto in uno stato psicotico. Il sogno di diventare campione del mondo di pugilato è finito a 25 anni con la droga che gli ha complicato la vita. La madre spiega che: “Con questo bipolarismo quando assume delle sostanze va subito fuori di testa. Non è un criminale”.



Loretta, sorella di Kim Rossi Stuart: “Non è giusto”

Ad oggi gli resta da scontare un anno di Rems per infermità mentale ma la struttura è piena. Una situazione che lo costringe a restare in carcere: “È un internato, da tre mesi è obbligato a stare in carcere, senza le cure adeguate, perché non c’è posto nella struttura alternativa dove dovrebbe andare. La lista d’attesa è pazzesca”, ammette ancora Loretta Rossi Stuart. La madre continua la sua giusta battaglia: “Dopo la sacrosanta chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e la svolta, indispensabile per un paese civile, verso la trasformazione in strutture più piccole dove i pazienti sono curati e non semplicemente rinchiusi (le Rems), il problema è che queste strutture sono ancora pochissime!” Una situazione che può portare a gesti estremi: “Non si può trattenere in carcere chi è stato destinato ad una struttura di cura, le Rems vanno potenziate, questo è il problema! Ma non fa audience, non attira like, non interessa nessuno, nonostante gli svariati episodi di suicidio avvenuti recentemente in carcere, erano giovani in attesa di ingresso in una struttura psichiatrica”. Il problema è reale e serio, l’esperienza vissuta dal figlio è indicativa: “Mio figlio è stato un mese in isolamento, da solo in una cella spoglia. Anche una persona sana va fuori di testa, figuriamoci chi ha problemi psichiatrici”.

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