Era nell’aria, ma adesso la notizia è ufficiale: il prossimo 29 agosto Kobe Bryant sarà introdotto nella Hall of Fame della NBA. Con lui ci saranno anche Tim Duncan e Kevin Garnett: due dei più fieri avversari del campionissimo scomparso lo scorso 26 gennaio in un incidente aereo. Il riconoscimento arriva, per tutti questi ex giocatori, a quattro anni dal ritiro: tecnicamente la regola prevedrebbe l’introduzione a partire dal sesto anno di “pensione”, ma si è fatta un’eccezione e questo la dice già lunga circa i profili. Tra i quali, non ce ne vogliano gli altri due, spicca naturalmente quello di Kobe: l’ex stella dei Los Angeles Lakers, scomparso insieme alla figlia Gianna e altre 7 persone ormai due mesi e mezzo fa, ha commosso il mondo ed è riuscito ad appassionare alla sua figura, e magari al basket NBA, anche chi fino a quel momento si era dimostrato piuttosto freddo riguardo l’argomento.



Il Naismith Memorial Basketball Hall of Fame, fondato nel 1959 ma con prima sede inaugurata solo 9 anni più tardi, è innanzitutto un museo che raccoglie materiale sui membri; è però soprattutto il massimo riconoscimento per un giocatore di pallacanestro. La sede è a Springfield, nel Massachusetts: luogo non indifferente visto che è qui che James Naismith, cui è intitolata l’onorificenza, fece nascere il gioco della pallacanestro. Ogni lega americana ha la sua personale Hall of Fame, che poi ha iniziato a prendere piede anche altrove nel mondo; basti pensare alla creazione di una personale galleria di campioni da parte della Roma, o alla Walk of Fame dell’Allianz Stadium in cui 50 ex calciatori della Juventus hanno una stella a ricordarli. Non solo i giocatori vengono introdotti: c’è spazio anche per allenatori, arbitri e “contributori”. Nel 1959 tra gli altri fu introdotto George Mikan, il primo centro dell’era moderna che vinse 5 titoli con gli allora Minneapolis Lakers; lo scorso anno tra gli altri ci è entrato Vlade Divac.

Kobe Bryant, Tim Duncan e Kevin Garnett sommano insieme 11 titoli NBA, 4 MVP di regular season (due per Duncan), 5 delle Finals (Garnett non ci è riuscito), 48 partecipazioni all’All Star Game (tutti e tre con almeno 15, Kobe per 4 volte è stato miglior giocatore) più altri riconoscimenti individuali che sarebbe oltremodo lungo ricordare per intero. Per quanto riguarda Bryant e Duncan, la loro maglia è sempre stata una: hanno giocato per Lakers e San Antonio Spurs diventando simboli della rispettiva franchigia, dando vita a due dinastie che nel loro massimo splendore si sono incrociate in entusiasmanti serie playoff (in una Duncan segnò quello che sembrava il canestro della vittoria, salvo poi essere sorpassato dalla magia di Derek Fisher con 0.4 secondi sul cronometro). Garnett ha esordito con Minnesota, poi è passato ai Boston Celtics (due finali sempre contro Kobe, un titolo; la sua maglia verrà ritirata nel corso della prossima stagione) e Brooklyn prima di tornare a onorare la maglia dei Timberwolves; lui e Bryant hanno saltato il college venendo scelti al draft NBA direttamente dal liceo, e rappresentando dei precedenti seguiti poi da altri (per esempio LeBron James).

E’ curioso notare inoltre che sia Duncan che Garnett avrebbero potuto giocare con Kobe Bryant: il primo forse non ci si è mai avvicinato anche se sul finire degli anni Novanta si diceva che il nativo delle Isole Vergini potesse andare a comporre un front court pazzesco con Shaquille O’Neal. Poi gli Spurs vinsero il titolo del 1999 e l’anno seguente iniziò la dinastia dei Lakers, dunque non se ne fece nulla. Nell’estate del 2007 invece Garnett, e lo avrebbe ammesso lui stesso anni dopo, aveva come prima opzione i gialloviola proprio per il desiderio di giocare insieme a Kobe: tuttavia nè il numero 24 nè la società losangelina lo chiamarano mai, così lui accettò la proposta di Boston e il resto è storia, i primi veri Big Three (con Paul Pierce e Ray Allen), il titolo immediato battendo i Lakers in 6 partite e la rivincita di Kobe nel 2010, vincendo gara-7 con la rimonta da -13.

L’introduzione nella Hall of Fame della NBA è dunque un atto dovuto: Kobe Bryant purtroppo non sarà presente per essere accolto con un’ovazione che, comunque, ci sarà. All’annuncio del riconoscimento la moglie Vanessa ha voluto lasciare due messaggi, uno “privato” nel quale ancora una volta ha fatto sapere quanto gli manchino il marito e la figlia Gianna; e poi uno pubblico, affidato ad un video nel quale compare insieme alla primogenita Natalia. “Vorremmo che fosse con noi per festeggiare quello che è il picco della sua carriera NBA” ha detto, aggiungendo poi che “c’è un po’ di conforto nel fatto che avessimo una certa fiducia di vedere il suo nome nella classe 2020”. Da agosto dunque il nome di Kobe Bryant farà parte della Hall of Fame della NBA, insieme a quelli di Duncan e Garnett ma anche di tante leggende del passato, da Michael Jordan a Magic Johnson e Larry Bird, passando per Oscar Robertson, Bill Russell e… Dino Meneghin, che ci è entrato senza mai giocare nella lega (era stato scelto dagli Atlanta Hawks ma non ci andò mai). Prima di lui era già toccato a Sergej Belov e a Uljana Semenova, stella del Daugawa Riga femminile con cui ha vinto la bellezza di 11 Coppe dei Campioni.