Prima condanna per la guerra in Kosovo

Il 16 dicembre è stata emessa la prima condanna per crimini di guerra per il conflitto in Kosovo tra le forze interne dell’UCK (ovvero l’esercito di liberazione del Kosovo) e i serbi. Il condannato è l’ex comandante Salih Mustafa, ritenuto responsabile di detenzione arbitraria, tortura e omicidio e che dovrà scontare 26 anni di reclusione. Il tribunale, istituito a L’Aja, in un comunicato stampa sostiene anche che non ci fossero gli estremi legali per giudicarlo colpevole anche di maltrattamento.



I fatti relativi alla prima condanna per la guerra in Kosovo risalgono al 1999 e sarebbero avvenuti in un complesso nel villaggio di Zllash/Zlaš, in Kosovo, all’epoca base dell’unità da guerriglia BIA, delegazione dell’Esercito di liberazione kosovaro, di cui Salih Mustafa era il comandante. Secondo quanto ritenuto dal tribunale, all’epoca Mustafa era l’unico comandante in carica nella struttura e pertanto può essere riconosciuto responsabile di molti degli illeciti commessi all’interno del carcere improvvisato. Durante il processo i giudici speciali hanno ascoltato la testimonianza di 28 testimoni complessivi, dei quali 13 del Pubblico Ministero e 15 della Difesa.



Kosovo: i crimini di Salih Mustafa

Nel comunicato stampa emanato dal tribunale speciale che giudicherà i crimini di guerra commessi in Kosovo, si leggono i capi di accusa di cui è stato ritenuto colpevole Salih Mustafa. La detenzione arbitraria avrebbe colpito almeno 6 persone, arrestata dalla BIA e private della loro libertà personale senza possibilità di appello, alla presenza e sotto ordine del comandante kosovaro Mustafa. Per quanto riguarda la tortura, invece, avrebbe colpito spie, collaborazionisti, traditori, ladri e bugiardi.

Durante la loro detenzione nel carcere in Kosovo, sempre sotto ordine di Salih Mustafa, sarebbero stati privati di acqua e cibo, di indumenti puliti o della possibilità di lavarsi, mentre i detenuti sono stati picchiati e maltrattati, colpiti al fine di ottenere informazioni o confessioni. Le torture gli avrebbero lasciato ferite permanenti, sia fisiche che psicologiche. L’omicidio avrebbe riguardato almeno due prigionieri che, in occasione dell’abbandono della struttura da parte di Mustafa e della BIA, sono stati abbandonati in preda al dolore provocato dalle percosse che li avrebbe condotti fino alla morte. Avrebbe, infine, interrogato e maltrattato personalmente almeno due degli ex detenuti del Kosovo, presenti in tribunale con la loro testimonianza.