Dai migranti ai poveri, passando per gli “occupanti” e gli “ultimi”: negli scorsi mesi abbiamo imparato a conoscere l’Elemosiniere del Papa, il Cardinal Konrad Krajewski e rispunta sulle cronache nazionali (dopo l’episodio del riallacciamento della luce nel palazzo occupato di Roma nel maggio scorso, ndr) oggi quando arriva a prendere di persona 33 migranti (di cui 14 minorenni) in arrivo a Fiumicino direttamente da Lesbo per uno dei tanti corridoi umanitari consentiti e organizzati direttamente dal Vaticano. L’Elemosiniere è andato a prenderli direttamente all’aeroporto e ai cronisti presenti ha raccontato cosa dovrebbe fare in primis la Chiesa per impostare al meglio uno spirito di accoglienza: «Questo corridoio è una cosa totalmente evangelica e vuol dire a tutti noi, in Europa: svegliatevi. Dobbiamo cominciare da noi stessi, sull’esempio del Santo Padre che nel 2016 portò con sé tre famiglie». Più “diretto” ancora dello stesso Papa Francesco, mons. Krajewski invita i suoi colleghi porporati di fare molto, molto di più sul fronte accoglienza: «Dai cardinali, dai vescovi, dai presbiteri…Apriamo le nostre case, le nostre canoniche, i nostri palazzi», spiega l’Elemosiniere al Corriere della Sera e agli altri cronisti presenti ieri a Fiumicino. Il primo esempio – secondo il Cardinale polacco già “Cerimoniere” di Papa Giovanni Paolo II – è stato dato dal vescovo del Lussemburgo, Jean-Claude Hollerich «due settimane fa ha portato da Lesbo due persone, a carico suo. Ha diviso con loro il proprio spazio della sua casa, vivono insieme. Dobbiamo svuotare questi campi che Papa Francesco ha chiamato campi di concentramento. Se anche ogni monastero, casa religiosa o parrocchia si aprisse per una persona, una famiglia, nel campo profughi di Lesbo non troveremmo più nessuno».
LA “DOTTRINA” KRAJEWSKI SUI MIGRANTI
Sempre al Corriere lo stesso Krajewski ricorda come in riferimento al centro profughi di Lesbo, in alcune occasioni, «certi animali vivono meglio in Europa rispetto che a Lesbo. Dobbiamo incominciare da noi stessi. I soldi li abbiamo, il Santo Padre vuole la Chiesa povera: ecco la possibilità di essere veramente poveri, e cioè molto ricchi, perché è quando dividiamo con gli altri che siamo davvero ricchi, tutto torna». Una “dottrina” molto rigida perché richiede molto e parla in primis ai porporati e uomini di Chiesa: con i corridoi umanitari organizzati e creati dalla Comunità di Sant’Egidio, in comunione con altre chiese (Evangeliche in Italia, la Tavola Valdese e la stessa Cei). 33 oggi, altri 10 profughi arriveranno nei prossimi giorni e il flusso non di ferma: «Con lo sforzo di tutti, il corridoio di oggi potrebbe diventare un corridoio umanitario europeo», spiega il prefetto di Roma Michele Di Bari, anche capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione. Negli scorsi giorni il Cardinal Krajewskii in persona si era recato a Lesbo per coordinare al meglio la vicenda ed è rimasto impressionato: «Con Sant’Egidio eravamo già andati a maggio, e c’erano settemila persone nel campo profughi. Ieri ne abbiamo trovate quindicimila. E ottocento bambini non accompagnati. Oggi in tutto il mondo viene letto il brano evangelico in cui Gesù moltiplica i pani e i pesci. Io non posso farlo, perché è Dio che fa le grandi opere. Ma insieme a tutta la gente di buona volontà possiamo moltiplicare il corridoio di oggi, e questo sarà il nostro miracolo». Poi infine ancora il richiamo forte alla Chiesa e all’apertura che deve garantire verso gli ultimi: «Se si aprono i vescovi e i cardinali, anche il popolo si apre. Noi dobbiamo dare l’esempio. L’esempio, del resto, viene dal Vangelo. Noi aiutiamo, come Chiesa, perché non dobbiamo pensare cosa deve fare lo Stato per i profughi ma cosa possiamo fare noi. Pensiamo al nostro compito: come diceva Madre Teresa, le piccole gocce formano un fiume e poi arrivano al mare». L’Elemosiniere del Papa non si cura di chi contesta lui e lo stesso Bergoglio, «È normale che la gente abbia paura. Ma dobbiamo superarla, questa paura, perché il prossimo soffre. E il prossimo è Cristo stesso […]. Queste persone a Roma non verranno messe in un campo ma vivranno in varie famiglie, in diversi quartieri. C’è anche un aspetto di integrazione: impareranno l’italiano, andranno a scuola, verranno assistiti da noi. Difficile trovare un modello migliore», conclude il cardinale polacco in colloquio col CorSera.