Ventunesima giornata di Serie A: meglio venti minuti da Piatek che una vita da Cutrone. Proprio non si riesce a trovare, in alcun giovane attaccante italiano, la capacità di fare i movimenti necessari per farsi trovare “nell’attimo giusto al posto giusto” dai compagni di squadra. Infatti, a trentasei anni Quagliarella e a quaranta Pellissier, sono gli unici in Serie A che sappiano muoversi e posizionarsi correttamente. Ai giovani rimane la potenza fisica, costruita in palestra, che non si evolve e li lascia, nel giro di tre/quattro stagioni, nel limbo delle speranze. Vedasi Balotelli che, forse, dei quasi giovani è ancora il migliore. Il migliore dei casciavit e’stato sicuramente Donnarumma che, assieme a Romagnoli, ha blindato la porta rossonera. Il Napoli, se fosse entrato in campo anche nel primo tempo con un po’ di grinta in più, avrebbe potuto vincere tenendo aperta una piccola speranza di scudetto nel campionato di Serie A, ma il Milan non ha rubato niente. Si è difeso, ha lasciato che gli azzurri gestissero l’incontro sperando in qualche ripartenza mai pervenuta. Giusto così:0 a 0. In molte altre partite si sono visti allenatori che, pur di farsi dire di aver impostato la squadra con un gioco eccellente, non hanno ancora capito che le costruzioni si fanno dalla base, e nel calcio sarebbe la difesa.
La Maggica vinceva a Bergamo 3-0: si è fatta raggiungere e, per sua fortuna non scavalcare ,da una Dea che le aveva regalato quasi tutto il primo tempo. Ciò è avvenuto perchè Di Francesco non ha voluto fare la figuraccia di chi piazza la squadra a uomo per difendere il risultato. Sopra di tre reti, se assegni a ogni difensore l’avversario da seguire questi non ti segna tre goal nemmeno in tre giorni. Se invece continui a far giochicchiare la squadra, senza comprendere che l’avversario corre più di te, buon per te se riesci a portare a casa un pareggino. Ciò vale anche per il Parma che, in vantaggio di due reti sulla Spal, si è fatto raggiungere e poi superare. Non parliamo poi di Chievo e Fiorentina: sette reti ma non spettacolo, solo un grande casino mischiato ad errori enormi dell’uomo della Var. Le partite di calcio vengono organizzate per vincere non per partecipare facendo bella figura che, se perdi, diviene comunque brutta. È inutile dilungarsi su Bologna vs Frosinone: con le quattro pappine incassate, Pippo Inzaghi non può che raccogliere gli stracci e lasciare i rossoblu ad un destino che peggiore non potrà essere.
Questa domenica è stata dichiarata “il giorno della memoria”. Con ciò si è voluto ricordare il male che l’egoismo, i sogni di egemonia, le prevaricazioni hanno portato e potranno portare alla vita umana. È giusto ricordarlo affinché certe situazioni, che purtroppo in molte parti del mondo sono attuali, possano estirparsi dal cuore umano. A Torino si sono invece ricordati i 100 anni dalla nascita di Valentino Mazzola, il capitano del grande Torino degli anni Quaranta. Per l’occasione nella giornata di Serie A Spalletti ha inaugurato una difesa a tre ma con due terzini sulle fasce e senza ali. Come poteva volare di fronte al Toro che Mazzarri schiera, come sempre, con grande attenzione alla difesa? Infatti, dopo aver preso per dieci minuti di sorpresa i granata, con rete ingenuamente buttata da Lautaro, i piemontesi hanno preso il sopravvento e, per colpa di un Handanovic per niente reattivo, sono pervenuti al vantaggio. Joao Mario e Vecino sono spariti, Rincon e Ansaldi hanno iniziato a dominare a centrocampo.
Per il primo tempo null’altro da segnalare; secondo tempo ancora peggio come spettacolo. L’Inter portava palla e il Toro si difendeva con tranquillità. Spalletti ha impostato i bauscia sulla difesa a quattro senza ottenere risultati. E’ entrato Nainggolan ma non è servito a nulla, occasioni zero. I nerazzurri o riprendono a correre o non arrivano nelle quattro. Senza grinta, e con nessun pressing, non si può andare da nessuna parte. Icardi non segna da cinque partite; ultimamente, quelle vinte sono sempre state con il minimo scarto. Questi calciatori potranno recuperare punti, ma prima debbono impegnarsi per ricuperare la dignità del loro lavoro.
I gobbi, all’Olimpico, hanno subito la Lazio per tutto il primo tempo; però, come compete alle squadre organizzate, hanno lasciato sfogare i romani, si sono ritirati sornioni in difesa ad aspettare il momento di colpire. Certo, l’assenza del miglior Mandzukic si comincia a sentire: per la Juve la sua presenza è essenziale, più di quella di Cr7. Secondo tempo sugli stessi ritmi e linea di comportamento; la Lazio è passata – meritatamente – in vantaggio ma, più con grinta che con il gioco, la Juve con Cancelo si è riportata in pareggio. I biancazzurri si sono spaventati e, senza più freschezza a centrocampo, hanno mirato più a mantenere il pareggio che cercare la vittoria. Il risultato è parso accontentare anche la Juve finché Lulic è impazzito e ha regalato ai torinesi un inutile rigore che, stavolta, Ronaldo non ha fallito. I laziali, che già si sarebbero potuti incavolare per il pareggio, dopo un incontro sontuoso e in gran parte dominato, ne sono usciti beffati e con le pive nel sacco. Si dice che la fortuna aiuti gli audaci, in questo caso c’è stata un’eccezione: l’audacia laziale e’stato abbattuta dalla sfiga.