Non c’è solo la data del 1951 comune al film di Elia Kazan, Fronte del porto e al romanzo di Gilbert Cesbron, I santi vanno all’inferno; c’è la figura di Cristo in mezzo a uomini sfruttati e alla loro miseria. Per la verità il film uscì solo nel 1954, ma l’idea e la sceneggiatura sono di tre anni prima. Il bianco e nero e la tessitura asciutta donano intensità e poesia a un’opera in cui Marlon Brando interpreta Terry Malloy, un ex pugile fallito che si redime attraverso l’amore per Edie e l’opera di padre Barry, il prete che vive tra gli scaricatori di porto.

Il romanzo di Cesbron è più dimenticato, per motivi in parte comprensibili. Narra la vicenda di padre Pietro, un prete operaio che vive a Sagny, un misero sobborgo di Parigi che non si trova sulle carte geografiche, emblema della precarietà e della pena di operai, disoccupati, famiglie visitate da un permanente dolore. L’esperienza dei preti operai si è chiusa e sono mutati i problemi della banlieue parigina.

Il cuore di questo romanzo non è la condivisione della condizione operaia da parte del prete, quanto la sua bruciante sete di Cristo; egli non accetta l’alleanza che tante volte il suo amico comunista Enrico gli propone, perché il suo intento è totalmente diverso dalla lotta per il socialismo. Si basa infatti sull’amore alla singola persona, sull’aiuto al suo bisogno immediato, quello di una stanza o di leggere documenti o della cena del giovedì, quando in via Zola si dice la Messa e si divide il cibo. Senza progetto, là dove si vive alla giornata, senza altro desiderio che rendere presente il Signore attraverso atti concreti di amore, là dove l’Orto degli ulivi è rivissuto nello scacco della morte di Luigi, lo spagnolo anarchico e del suicidio di Giovanni, e la luce del Risorto vince in Susanna, la prostituta pentita e nella guarigione del piccolo Stefano, picchiato dal padre ubriaco.

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L’amore che non giudica, l’amore che attende, l’amore che si dispera fino a voler dimenticare la grigia miseria dei vicoli e delle baracche: questo padre Pietro chiede costantemente per sé e per il rigido parroco della chiesa principale e per la suora che lo aiuta; questo amore sorregge Maddalena nel suo slancio di dedizione verso tutti, questo amore anima l’arcivescovo di Parigi, che stima l’opera di Pietro e muore come un santo.

 

Non c’è episodio di questo romanzo che non trasudi fango e ingiustizia, ma anche la presenza di Cristo nella vita dei più poveri dei poveri, esattamente come afferma il padre Barry di Fronte del porto, nel benedire la salma dell’operaio precipitato nella cisterna della nave.

 

La scrittura di Cesbron è meno scarna della sceneggiatura del film, ma non perde di efficacia. Le brevi descrizioni del cielo, degli alberi, del pallido sole di Parigi accompagnano le vicende di famiglie che la pioggia e il vento costringono al freddo e a cui la primavera regala un piccolo tepore. Il linguaggio si innalza là dove è esplicito il riferimento a Gesù, come nel momento in cui, davanti al piccolo Stefano morente, il padre Pietro avverte la sua impotenza: “Allora chiamò gli altri nella piccola camera dalle pareti grigie: prima di tutti il Cristo; poi Sua Madre (non quella che tiene il fanciullo sulle ginocchia, quella che tiene il gran corpo esangue); poi tutti i compagni, più leggeri, più trasparenti dell’aria, ma così sicuri: la piccola Teresa, in piedi, tutta ghiaccia, contro un muro ghiaccio di convento; la piccola Bernadette, abbagliata per sempre, pura come un torrente; la piccola Giovanna, insolente e ardita; il vecchio Vianney, scheletro trasparente; il vecchio Vincenzo dagli occhi allagati di lacrime… Chiama i compagni del cielo come testimoni. Essi entrano, empiono la camera.

Testimoni di una guarigione barattata con la rinuncia alla sua opera a Sagny.