La concessione del telefono era – per sua stessa ammissione – il romanzo storico di sua produzione preferito da Andrea Camilleri. Non è difficile intuire il perché: quella di Pippo Genuardi è una vicenda umanamente deprecabile, la storia di un uomo disposto a tutto pur di perpetrare un doppio tradimento ai danni della moglie e della famiglia di lei, che rovina intessendo una relazione con la donna che il suocero ha sposato dopo essere rimasto vedovo. Questo è vero; com’è vero che la sceneggiatura del film Tv presenta tanti momenti perfettamente evitabili, da un punto di vista di continuità della narrazione. Il difetto del format C’era una volta a Vigàta (come di tutto il resto dell’opera di Camilleri) è proprio l’eccessiva deriva voyeuristica, fatta “comprensibilmente” nel rispetto del taglio e delle pretese di un racconto verace e realistico a tutti i costi. Certo, come detto è “comprensibile” una volta analizzate le corde e lo stile dell’autore, ma alla fine lo sguardo n’esce comunque violentato.
La concessione del telefono: la menzogna protagonista
La concessione del telefono è un romanzo storico e un film Tv crudo e crudele anche con lo spettatore. Il peggio viene alla fine, quando il pubblico scopre – insieme peraltro alla sua vittima – che Pippo aveva mentito fin dall’inizio, e che in fondo non era il protagonista innocente, svampito e a sua volta vittima degli eventi che si credeva all’inizio. Tutt’altro: il Genuardi è carnefice, non vittima, e a posteriori non stupisce nemmeno che sia finito al centro di un caso (anche giudiziario) così intricato. Solo che ci è finito per i motivi sbagliati: lo “scanto” avrebbe potuto farlo ravvedere, ma lui è stato vigliacco fino alla fine. E chi è causa del suo mal, pianga se stesso.
La (probabile) morale de La concessione del telefono
Se Pippo Genuardi non avesse chiesto la concessione del telefono per i suoi loschi scopi (vale a dire per comunicare con l’amante), non sarebbe certamente finito al centro di una vicenda giudiziaria infinita. Dicevamo all’inizio che questo era tra tutti il racconto preferito di Camilleri, ma abbiamo lasciato in sospeso la spiegazione del perché. Ebbene: è interessante l’abilità dello scrittore nel mettere in luce l’incomunicabilità tra i vari personaggi, che credono d’intendersi e invece non s’intendono mai (cfr. Luigi Pirandello). In fondo in fondo, alla luce della morale de La concessione del telefono, viene da chiedersi se abbiamo veramente capito gli intenti di Camilleri nel dare alle stampe quest’opera. Non è escluso che questo sia solo uno di quei commenti paranoici e retroscenisti che irrimediabilmente risultano falsati – o, quantomeno, “filtrati” – dalla sensibilità del lettore o dello spettatore. Un dramma mai finito, per chi lavora con quelle parole che, mentre sembrano dire tutto, sono in realtà le tue peggiori traditrici, comunicando a chi sta “dall’altro capo del filo” solo il senso e il valore che egli vuole o è in grado d’intendere.