La Commissione europea ha dato il via libera alla seconda tranche di finanziamenti per l’attuazione del Pnrr italiano pari a 21 miliardi di euro e palazzo Chigi ha fatto sapere di essere al lavoro per traguardare gli obiettivi da conseguire entro fine anno per sbloccare la terza rata da 19 miliardi. Il nuovo Governo di centrodestra dovrebbe poi, come annunciato in campagna elettorale da Fratelli d’Italia, negoziare una modifica del Piano nazionale di ripresa e resilienza.



Prima, però, dovrà in pochissimi giorni varare la Legge di bilancio, per la quale si contano già circa 20 miliardi di spese indifferibili. Inoltre, la plausibile frenata del Pil rispetto alle stime di aprile contenute nel Def, porterà alla riduzione dello spazio fiscale disponibile, se si intende confermare l’obiettivo di un deficit/Pil al 3,9% nel 2023. Non sarà, quindi, facile per il nuovo Esecutivo affrontare la crisi energetica che potrebbe entrare nella sua fase più acuta in inverno. Per Domenico Lombardieconomista ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale, si possono «ipotizzare quelli che possono essere alcuni orientamenti di un nuovo esecutivo di centrodestra a trazione conservatrice, partendo dalla sostanza, cioè il cosa fare, per arrivare poi alla strategia, cioè il come farlo».



Cosa andrebbe quindi fatto?

La priorità è valorizzare il Pnrr, che significa anche aggiornarlo cooperativamente con l’Ue, che ne è il principale finanziatore, per renderlo più idoneo ad affrontare la crisi che si sta manifestando in tutta la sua complessità e difficoltà. Non va, poi, dimenticato che l’indice dei prezzi alla produzione ha fatto segnare un nuovo record a luglio: su base annua, sono cresciuti del 36,9%, rendendo urgente una revisione dei progetti, i cui bandi rischiano altrimenti di andare deserti. C’è, inoltre, l’esigenza di mitigare gli effetti della crisi energetica in atto con una postura di politica fiscale che dev’essere, in ogni caso, improntata alla responsabilità. Questo perché nell’ultimo decennio tutti i Governi che si sono succeduti non hanno fatto altro che incrementare il rapporto debito/Pil. Escludendo gli ultimi anni della pandemia e il rispettivo impatto fiscale, il rapporto in parola è aumentato di oltre 14 punti percentuali nel periodo che va dal 2011 al 2019. Nel complesso, c’è stato un deterioramento progressivo e generalizzato di tutte le variabili fiscali, macroeconomiche e socio-economiche. Detto questo, il nuovo Esecutivo, come ha dichiarato la stessa leader di Fratelli d’Italia, gestirà i numerosi e importanti dossier sul tavolo coniugando crescita e riforme con il principio di responsabilità fiscale. 



Concretamente cosa significa questa responsabilità fiscale?

Significa valutare le implicazioni fiscali di tutti i provvedimenti che si intendono approvare, verificandone la copertura e la coerenza con l’impianto complessivo di politica economica che il nuovo Esecutivo vorrà introdurre. Significa, inoltre, garantire maggiore spinta propulsiva all’economia varando misure chirurgiche ma altamente segnaletiche che possano dare impulso alla crescita, nell’ambito dei vincoli fiscali che ho appena descritto.

Quali possono essere queste misure chirurgiche?

Innanzitutto, occorre cercare di stabilire un legame più diretto tra produzione di valore aggiunto e incremento del reddito disponibile attraverso una diminuzione della tassazione. Questo lo si può fare fin da subito con un trattamento fiscale agevolato per i redditi incrementali, così da mitigarne gli effetti sulle casse dello Stato. Si possono ipotizzare altri interventi per favorire i piccoli imprenditori e i lavoratori autonomi, senza dimenticare la riduzione di burocrazia e vincoli amministrativi che, oggi, pesano come un costo addizionale e minano la competitività del sistema Italia. Alcuni di questi provvedimenti hanno una ricaduta fiscale e vanno, pertanto, trovate adeguate coperture. 

Dove potrebbero essere reperite?

Non bisogna dimenticare che l’Agenzia delle Entrate ha in magazzino crediti, di fatto, inesigibili per un importo superiore al trilione di euro. Si potrebbe, quindi, dar vita a una grande operazione di trasparenza, monetizzando quello che è possibile: la Corte dei Conti stima sia nell’ordine del 6-7% dell’ammontare complessivo. La riforma del Reddito di cittadinanza schiude altre possibilità di copertura. Ecco, questi sono solo due esempi.

Come si può, invece, valorizzare il Pnrr?

Bisogna renderlo più idoneo a mitigare la portata della straordinaria crisi in atto che dispiegherà i suoi effetti ancora più duri per famiglie e imprese nei prossimi mesi. Occorre parimenti assicurare che i fondi vadano effettivamente a finanziare i progetti, perché solo in questo modo gli investimenti potranno generare maggiore crescita. Vanno, quindi, affrontate alcune criticità legate a ritardi nell’esecuzione dei progetti, affinché i fondi allocati vengano effettivamente spesi, cosa che, come emerso dagli ultimi dati, non sta completamente avvenendo. Questo è molto importante, perché l’attuazione dei progetti è fondamentale per creare occupazione e impulso alla crescita.

Individuato il cosa fare, si tratta anche di capire il come farlo.

In questa fase diventa fondamentale perché l’Italia si trova ad affrontare una triplice crisi senza precedenti nella storia: crisi economica, crisi energetica e crisi demografica. Il tutto nel contesto di molteplici vincoli: quelli posti dall’esigenza di rifinanziare a costi sostenibili l’enorme mole di debito pubblico, quindi di mantenere un rapporto fluido con i mercati finanziari, e naturalmente i vincoli europei. Per questo motivo occorre responsabilità, criterio che consente un dialogo più efficace con gli interlocutori, evitando, al contempo, antagonismi. Vanno evitati episodi catalitici, come si dice in gergo, che possano indurre il mercato a cambiare postura e all’improvviso rigirarsi, o delle situazioni conflittuali con le istituzioni europee.

Come si può affrontare questa triplice crisi essendo fiscalmente responsabili? Già la Legge di bilancio vede un’importante mole di risorse da impegnare per spese non differibili e ci sono da aiutare imprese e famiglie contro il caro bollette. Lo si può fare senza nuovo deficit?

A mio avviso il Governo Draghi non ha adottato una strategia totalmente appropriata: ha affrontato la crisi energetica inseguendo l’emergenza, dimenticando di predisporre un disegno strategico complessivo. Ci sono alcune risposte che vanno date a livello europeo, come la possibilità di creare un fondo di sostegno per i Paesi più colpiti dalla crisi energetica, che deriva dalla inevitabile determinazione assunta nei confronti della crisi ucraina contro l’aggressione ingiustificata della Russia, o l’introduzione di un tetto al prezzo del gas. Ma bisogna intanto cercare di attivare quanto prima delle fonti alternative di energia, di valorizzare la produzione nazionale, di esplorare il nucleare di ultima generazione. È vero che gli effetti di tali interventi si vedrebbero dopo diverso tempo, ma questo non deve essere un alibi per non avviare un discorso serio, concreto e strutturato su questo tema.

Ha parlato di interventi a livello europeo. Se, come ha fatto negli ultimi mesi, l’Ue temporeggerà, l’Italia si troverà ancora più in difficoltà. E di conseguenza sarà ancora più difficile essere fiscalmente responsabili.

Chiaramente questa crisi colpisce principalmente l’Europa e al suo interno alcuni Stati più di altri. Non può essere però affrontata interamente da un singolo Paese. Occorre quindi ingaggiare gli altri Paesi europei, le istituzioni europee, che devono compiere un salto qualitativo nella gestione della crisi energetica, investendo il capitale politico di cui l’Italia dispone. 

Di fatto, però, è l’Europa a essere in una posizione di forza in questo dialogo con l’Italia.

Ci sono provvedimenti che il Governo italiano può e deve adottare. Per esempio, sulla valorizzazione della produzione di risorse energetiche all’interno del nostro territorio si può fare molto più di quanto fatto finora. In quest’ambito rientra anche il nucleare di ultima generazione. Se ci si muove velocemente su questi aspetti, anche segnalandolo in modo concreto, anche il potere contrattuale del nostro Paese in Europa possa aumentare.

Intervistato dal Messaggero, Guido Crosetto, co-fondatore di Fratelli d’Italia, ha detto che se l’Ue non vara un intervento simile al Recovery fund, con debito comune per aiutare i singoli Paese, allora deve consentire “di utilizzare i miliardi di fondi europei non spesi della programmazione settennale o quelli nazionali aggiuntivi previsti per il Pnrr, per interventi di messa in sicurezza economica e sociale”. Si può percorrere questa strada?

Nel momento in cui si creasse questa disponibilità per utilizzare i fondi europei contro la crisi energetica ci sarebbero effettivamente varie modalità per farlo. Credo che, poiché alla fine le risorse sono fungibili, come appunto sottintende la proposta Crosetto, attingere a un fondo piuttosto che a un altro sia alla fine abbastanza comparabile negli effetti. L’Europa dovrebbe, però, fare un salto di qualità: è stata veloce e rapida nell’affrontare la crisi pandemica: a mio avviso, però, sulla crisi energetica deve e dobbiamo fare di più.

Alla fine la discontinuità del nuovo Governo rispetto all’attuale nell’affrontare la crisi energetica, che poi è quella che più morde su famiglie e imprese, specie in vista dell’inverno, dove si potrebbe vedere?

In un atteggiamento più bilanciato, più pragmatico, più proattivo nel diversificare il mix strutturale delle fonti energetiche, non solo quello geografico. Su questo ci sono ancora dei margini significativi da valorizzare. 

Questo a livello di risposta strutturale alla crisi. E per quanto riguarda l’emergenza?

L’emergenza va affrontata cercando di ricalibrare il Pnrr per renderlo più efficace nel contesto dell’attuale crisi energetica. Questa è un’ulteriore leva a disposizione del nuovo Governo. Fratelli d’Italia ha fatto numerose volte presente che il Pnrr va aggiornato rispetto al contesto attuale che tutti riconoscono essere cambiato drasticamente da quando il Piano fu inviato a Bruxelles nell’aprile dell’anno scorso. Allora il Governo Draghi ne approntò la bozza in pochissime settimane. Se ci fosse la volontà, un suo aggiornamento selettivo ne richiederebbe assai meno.

(Lorenzo Torrisi)

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