“QUELLA QUEER NON È UNA VERA FAMIGLIA”: PARLA MARCELLO VENEZIANI

La “famiglia queer” dopo la morte di Michela Murgia, la scrittrice che non l’ha solo teorizzata ma anche “incarnata” nei suoi ultimi anni della malattia, è diventata sempre più un emblema della nostra epoca contemporanea, frutto della crescita costante delle istanze LGBTQ e di un concetto di legame che vada “oltre” lo schema tradizionale. Da questo punto di partenza avanza l’analisi di Marcello Veneziani, scrittore, storico e filosofo, nel suo nuovo saggio “L’amore necessario. La forza che muove il mondo”, anticipato oggi su “Libero Quotidiano”: ripercorre i 9 gradi dell’amore, ovvero vita, coppia, famiglia, patria, mondo, sapienza, destino, ricerca di Dio e verità. E lo fa partendo dalla comparazione con il modello di “famiglia queer” lanciato da Michela Murgia con echi presenti ormai da decenni oltre Oceano.



Come spiegava la stessa scrittrice scomparsa lo scorso 10 agosto, con famiglia queer (letteralmente, chi non è etero/cisgender) si intende «Una famiglia ibrida fondata sullo ius voluntatis, sul diritto della volontà». Una famiglia insomma “volontaria”, variabile, dove si possono comprendere amici, coppie aperte, animali, genitori “elettivi” e quant’altro: l’amore per la famiglia invece, secondo Veneziani, è una sorta di “archetipo” universale e reale dell’amore necessario; si tratta infatti di un legame che precede volontà e libertà e la stessa decisione individuale. «È un amore ricevuto e assegnato dalla sorte», spiega Veneziani in merito all’amore familiare, il quale si intreccia poi col bisogno ma non dall’obbligo o dalla costrizione. Insomma, l’amore per la famiglia non può essere ridotto o relegato a mero istinto: in quel legame infatti è coinvolta la piena integrità dell’essere, con mente, corpo, anima e sangue. Secondo lo scrittore e pensatore conservatore, i legami amorosi più forti e duraturi sono proprio quelli in cui «non siamo stati noi a volerli».

VENEZIANI: “AMORE ‘LIBERO’ NON PER FORZA RIMANE”

La famiglia “scelta” invece, quella idealizzata da Murgia nel concetto di “queer family” è qualcosa che rapidamente dovrebbe sostituire la famiglia tradizionale e naturale: «serve una famiglia adottiva, libertaria ed egualitaria». Il sogno raggiunto da Michela Murgia nei suoi ultimi anni si è “sacralizzato”, spiega Veneziani, proprio con la morte della scrittrice sarda e viene oggi assunto a “progresso” ben augurante verso un futuro di abolizione quasi totale delle relazioni “forzate”. Ovviamente per il filosofo conservatore un concetto del genere è inaccettabile ma per farlo capire ne costruisce un’analisi approfondita dove viene preso con rispetto il punto di vista opposto, non “banalizzato” o “de-sacralizzato” come mero antagonismo contro l’idea che non piace.

Veneziani riconosce che spesso i legami tra amici sono più forti e vivi di quelli familiari, eppure resta il nodo: «il legame amicale è diverso dal legame amoroso; è un legame laterale, non verticale né viscerale, tantomeno riproduttivo». La famiglia queer non è feconda, non genera futuro se non “usando” terzi come «utero in affitto, fecondazione artificiale, compravendita di corpi», spiega ancora Veneziani sottolineando come la famiglia “naturale” dà frutti che l’amicizia anche più solida non potrà mai dare. «La critica sorge quando le convivenze amicali si configurano come la famiglia del futuro con la pretesa di sostituire i legami famigliari e di cancellare, degradare, svalutare tutto quel che proviene dalla natura, dal sangue, dall’ereditarietà, dai legami del destino, rispetto ai consorzi fondati sulla volontà e la libertà dei singoli», conclude lo scrittore nell’ampia anticipazione su “Libero Quotidiano”, spiegando come la volontà è soggettiva e mutevole e non può garantire quella costanza e sicurezza negli affetti come tra genitori, figli o fratelli. Le famiglie naturali, sebbene in forte crisi al giorno d’oggi, «hanno legami che durano una vita e anche oltre; gli amori liberi finiscono, quelli necessari restano».