I GIOVANI USA TORNANO AD AVERE FEDE: I DATI IN CRESCITA DOPO IL COVID

Circa l’81% dei giovani americani dice di credere in Dio: è un dato sorprendente che pone gli Usa in controtendenza rispetto alla “secolarizzata” Europa. Se la crisi del senso religioso sta colpendo ormai da anni l’area culla della principale cultura religiosa mondiale, dopo il “caos” del periodo Covid è negli Stati Uniti che qualcosa sembra essere cambiato notevolmente. Ne parla oggi su “La Repubblica” gli inviati dagli Usa Paolo Mastrolilli, elencando i numeri sorprendenti dell’ultima analisi condotta dallo Springtide Research Institute e rilanciato dal Wall Street Journal.



I giovani americano riscoprono la fede in Dio o comunque in un “ente superiore” anche se spesso lo fanno uscendo dai “canoni” delle principali istituzioni religione tradizionali: «il motivo sta nello smarrimento e nella debolezza avvertiti a causa della pandemia Covid che ha scosso le certezze materiale con cui erano cresciuti», avverte lo studio recente pubblicato negli States. Se è vero che quel 81% di giovani americani credenti in Dio è in netto calo rispetto al Novecento dove i dati sfioravano il 90-100%, si avverte una particolare sofferenza in chi ha oggi tra i 18 e i 29 anni: qui i credenti erano scesi al 68% (e al 62% nella cultura “liberal” progressista).



LA FEDE IN DIO O NEL “POTERE SUPERIORE”: COSA SUCCEDE NEGLI USA

Lo scontro politico e culturale sui “valori non negoziabili” – dall’aborto all’eutanasia, passando per i matrimoni LGBTQ e le discussioni sul gender– hanno infiammato e infiammano ancora l’opinione pubblica americana tanto da portare negli scorsi anni ad una crisi di fede (e anche di vocazioni) tra i giovani Usa. Ora invece lo studio di Springtide segnala una controtendenza molto particolare: «circa un terzo dei giovani tra 18 e 25 anni crede all’esistenza di un “potere superiore” all’uomo, contro la quota di circa un quarto del 2021», scrive ancora Mastrolilli su “Rep”.



Alcuni teologi sentiti dal WSJ per commentare questi dati dicono di notare «un’apertura verso la trascendenza da parte dei giovani che non vedevamo da parecchio tempo», rileva Abigail Rusert del Princeton Theological Seminary. Per il reverendo battista Darryl Roberts invece è la pandemia ad aver segnato il vero punto di “non ritorno”: «la pandemia, le rivolte razziali, la paura di perdere il lavoro e altre preoccupazioni economiche, hanno strappato gli strati protettivi da cui molti giovani si sentivano circondati. Non sentendosi più invincibili, alcuni si rivolgono a Dio per essere protetti». Resta da capire dove porterà questa rinnovata “fede” e “spiritualità” imbracciata dai giovani americani negli anni a venire: ciò che resta è che davanti alla crisi sostanziale e combinata di pandemia e guerra una risposta “materiale” non è bastata alla generazione cresciuta nei fasti del capitalismo sfrenato americano.