La quinta votazione per l’elezione del presidente della Repubblica ha decretato pubblicamente e tecnicamente la fine di Forza Italia. Era già nell’aria da tempo, un dato di fatto, ma il voto su Maria Elisabetta Casellati è stato l’ultimo atto. Il centrodestra, dopo il vertice di giovedì sera, aveva deciso di mettere in campo la presidente del Senato: persona vicina a Berlusconi e di Forza Italia, donna e seconda carica dello Stato. Un nome a cui anche Lega e Fratelli d’Italia avevano deciso di dare il loro appoggio.
L’obiettivo del centrodestra era quello di ottenere sulla Casellati 400 voti per poi riproporla alla sesta votazione provando ad allargare il campo. La stessa Casellati, in questi giorni, aveva caldeggiato il proprio nome, chiedendo di essere indicata come candidata presidente. Tutti i partiti della coalizione di centrodestra le avevano promesso il loro appoggio, ma la sua corsa al Colle si è fermata a 382 voti, poco lontana dalla soglia prefissata dei 400 voti, ma abbastanza distante da finire così la propria corsa. Lega e Fratelli d’Italia l’hanno votata compatti, come rivendicato con forza da Giorgia Meloni.
Ad affossare la Casellati sono stati invece i suo compagni di Forza Italia, cappeggiati dalla Bernini (ostile per motivi personali), che si sono fatti riconoscere dando 15 voti a Tajani e Berlusconi, dai ministri draghiani con già in tasca la tessera del Pd (Brunetta e Gelmini in testa) e dai centristi alla Rotondi che hanno votato Mattarella o Casini. Solo Licia Ronzulli e i suoi fedelissimi hanno votato la Casellati come da indicazioni. Le diverse tribù di Forza Italia, dopo la ritirata di Berlusconi, hanno ritenuto di avere le mani libere per fare ognuno il proprio gioco. E così è stato. E non è bastato proporre un “loro” candidato per ricompattarli.
I cocci del partito sono rimasti uniti, almeno formalmente, solo per sostenere la candidatura di Berlusconi, che avrebbe potuto dare una nuova spinta al loro progetto politico: morta quella possibilità e col leader ritiratosi al San Raffaele, non c’è ragione di stare insieme. Tajani e Berlusconi non controllano più le truppe, e ieri ne abbiamo avuto l’ultima riprova.
Finita l’elezione del presidente della Repubblica e a un anno e mezzo dalle elezioni ogni corrente preparerà le valigie per raggiungere nuovi lidi. Detto di Brunetta e Gelmini che sposeranno il Pd di Enrico Letta, la Carfagna andrà con Toti e Brugnaro, Rotondi formalizzerà la sua Balena Verde che veleggerà tra destra e sinistra (in cerca di un posto sicuro), altri peones si sono promessi alla Meloni sperando di assicurarsi un posticino nella prossima legislatura. La Ronzulli, che ha simpatie per la Lega, rimarrà al capezzale di Berlusconi fino all’ultimo giorno. Lei, con pochi superstiti, resterà fedele all’alleanza con FdI e Lega, mentre Tajani proverà a fare un centrino insieme a Matteo Renzi. Berlusconi non ha realizzato il suo sogno di andare al Colle ma è riuscito a lasciare il nulla dopo di lui…
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