La Germania ha deciso di posticipare il piano per costruire 9.700 chilometri di rete per il trasporto dell’idrogeno di cinque anni al 2037. Il ministro dell’Economia Habeck, membro del partito dei Verdi, avrebbe voluto completare il progetto nel 2032, ma i tre partiti che compongono la coalizione di governo hanno concordato un rinvio per alleviare l’impatto finanziario del progetto. Secondo uno studio pubblicato dall’università di Colonia, la conversione dell’attuale rete gas a idrogeno comporterebbe tariffe più alte dell’87% rispetto a quelle attuali.



Nessun Paese in Europa ha investito in rinnovabili tanto quanto abbia fatto la Germania negli ultimi anni e nessun Paese europeo ha tanto spazio fiscale. L’idrogeno è la grande speranza per sostituire gli idrocarburi anche nei motori delle auto. Le sfide per il passaggio all’idrogeno sono due. La prima è che occorre trovare molta più energia elettrica per poterlo produrre senza passare da gas e petrolio. Questo dovrebbe avvenire, nel caso tedesco, senza nucleare, senza condizioni particolarmente favorevoli per il solare e avendo già utilizzato, per le pale eoliche, i luoghi più favorevoli in termini di ventosità. La seconda sfida è che il trasporto dell’idrogeno è molto più complesso di quello del gas sia perché la molecola è più piccola, sia perché per portarlo allo stato liquido e trasportarlo serve una temperatura di -253 gradi contro i -160 necessari per il gas.



Il maggiore tasso di crescita delle rinnovabili in Italia, con cui si potrebbe produrre idrogeno per elettrolisi, oggi riguarda il solare che però è prodotto con pannelli cinesi, molto più economici di quelli prodotti in Occidente e altrettanto performanti. Qualsiasi guerra commerciale con la Cina priverebbe l’Europa della fonte rinnovabile meno costosa e alzerebbe l’asticella della competitività dell’energia e dell’industria europea. Senza il nucleare immaginare un futuro a idrogeno verde per l’Europa sembra davvero molto complicato.

Nel frattempo l’industria tedesca patisce, dall’autunno 2021, le conseguenze dell’esplosione del prezzo del gas che ha colpito la produzione industriale. All’Europa poi viene chiesto, tanto più se arrivasse Trump a novembre, di recuperare il tempo perso nell’industria della difesa. Far quadrare i conti in uno scenario di declino della produzione industriale, guerra commerciale e nuovi investimenti in carri armati e aerei da guerra per decine di miliardi all’anno non è semplice. Questo è lo scenario che costringe Habeck, a guida dell’economia più forte dell’area euro, ad accettare il posticipo al 2037 della nuova rete per l’idrogeno.



Più il quadro geopolitico e finanziario si complica, più occorrerà fare i conti con il principio di realtà.

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