Sono tanti i ricordi drammatici che fanno parta della vita di Sinisa Mihajlovic, come alla guerra dei Balcani vissuti sulla sua pelle durante gli anni dell’infanzia. Un periodo nero che gli ha permesso però di forgiare quel carattere forte che dimostra di possedere ancora adesso. “Quando la vivi, all’inizio, è bruttissima”, ha detto a Silvia Toffanin lo scorso gennaio, “ma dopo se hai la forza di reagire e riesci ad andare avanti nella vita è tutto di guadagnato perchè capisci quali sono le cose importanti e sai che quello che può succedere è sicuramente meno peggio della guerra”. Oggi, sabato 28 marzo 2020, Verissimo andrà in onda con la replica dell’intervista fatta a Sinisa Mihajlovic, in cui parlerà appunto anche di come ha vissuto la guerra dei Balcani. “Se la superi puoi battere qualsiasi ostacolo ma non lo auguro a nessuno”, ha detto alla padrona di casa, “nel mio Paese dovevi essere forte, non per scelta ma per obbligo: sono cresciuto così”. Non è stato l’unico ‘regalo’ che la guerra ha fatto a Sinisa in quegli anni. Ricorda ancora come tante famiglie si siano disgregate a causa della lotta fratricida, gli amici che si sparavano fra di loro. “Ho visto la mia gente cadere, le città distrutte: tutto spazzato via”, ha detto alla Gazzetta dello Sport lo scorso febbraio, “il mio migliore amico ha devastato la mia casa”. La situazione è diventata drammatica anche all’interno della stessa famiglia Mihajlovic, per via delle origini differenti fra il fratello della madre e suo padre. Il primo, croato, “voleva ‘scannare come un porco’, disse così, mio padre serbo”, ha raccontato, “fu trovato [lo zio Ivo, nda] dalla tigre Arkan, stava per essere ucciso. Gli trovarono addosso il mio numero di cellulare, gli salvai la vita”. Il dramma però permette a Sinisa di rimanere anche lucido su quanto accaduto: solo il tempo potrà permettere a tutti di poter giudicare quanto è avvenuto. “Quello che racconto io“, ha aggiunto, “lo può raccontare anche un croato o un bosniaco. Abbiamo vissuto un impazzimento della storia“.



La Guerra dei Balcani per Sinisa Mihajlovic, ricordi indelebili

Sono ricordi indelebili quelli di Sinisa Mihajlovic: la guerra dei Balcani, iniziata nel marzo del ’99, gli rimarrà impressa per tutta la vita. In quegli anni, ha raccontato diverso tempo fa al Corriere di Bologna, l’ex campione si trovava in ritiro con la nazionale slava. “La notte prima ci avvisarono che la guerra sarebbe potuta cominciare”, ha detto, “eravamo al confine con l’Ungheria. La Federazione ci trasferì in fretta a Budapest. La mattina dopo sulla CNN c’erano già i caccia della Nato che sventravano la Serbia“. Momenti concitati che hanno spinto Sinisa a correre subito ai ripari e non solo per salvare la propria pelle, ma anche quella dei due genitori. “Li ho fatti trasferire a Budapest”, ha raccontato, “ma papà non voleva. Da lì siamo partiti per Roma, ma dopo due giorni mio padre Bogdan è voluto tornare in Serbia“. Alle spalle, il padre di Sinisa aveva infatti i ricordi vissuti a Vukovar, durante la guerra civile. “Non lo farò ancora, non potrei più guardare i vicini di casa quando i bombardamenti finiranno”, gli ha detto per giustificare il motivo del suo rientro. Così Bogdan e la moglie Viktoria sono ritornati nella loro patria. “Ero preoccupato, ma fiero di lui”, specifica l’allenatore.



Le parole su Slobodan Milosevic

Sinisa Mihajlovic sembra aver ben chiare le cose quando si parla di guerra dei Balcani e le responsabilità che avrebbe avuto Slobodan Milosevic, l’ex presidente jugoslavo. “So dei crimini attribuiti a Milosevic“, ha sottolineato Sinisa tempo fa al Corriere di Bologna, “ma nel momento in cui la Serbia viene attaccata, io difendo il mio popolo e chi lo rappresenta”. Il nemico in quel caso erano gli americani, che si sono lasciati dietro una scia di morti e distruzioni, dopo aver bombardato la Serbia in ogni anfratto. Sinisa, in quegli anni, ha fatto di tutto per salvare i suoi affetti più cari, perfino a falsificare il necrologio per l’amico Arkan [Željko Ražnatović, nda]. “Era un mio amico vero”, ha dichiarato, “era il capo degli ultras della Stella Rossa quando io giocavo lì. Io gli amici non li tradisco nè li rinnego […] rifarei il suo necrologio e tutti quelli che ho fatto per altri“. Sinisa in qualche modo si è ritrovato anche combattuto dalla guerra fratricida che ha spinto croati e serbi a combattere fra loro. Il padre Bogdan infatti era serbo, mentre la madre Viktoria è croata. “Quando da Vukovar si spostarono a Belgrado, mia mamma chiamò suo fratello mio zio Ivo”, ha raccontato, “e gli disse ‘C’è la guerra, mettiti in salvo, vieni a casa di Sinisa. Lui rispose ‘Perchè hai portato via tuo marito? Quel porco serbo doveva restare qui così lo scannavamo’. Il clima era questo”.

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