Hezbollah è una milizia filoiraniana potente dal punto di vista militare, ma è anche il primo partito del Libano ed è presente nel Paese con strutture mediche e assistenziali di vario tipo. L’idea di Israele di attaccarlo e neutralizzarlo, come si è cercato di fare a Gaza con Hamas, è ancora più difficile da realizzare, proprio perché è molto radicato e rappresenta due terzi degli sciiti libanesi. Gli israeliani, spiega Camille Eid, giornalista libanese residente in Italia, collaboratore di Avvenire, dopo un’incursione iniziale non hanno continuato l’operazione di terra per invadere il Libano, sanno che per loro potrebbe essere molto sanguinosa, proprio a motivo della presenza di Hezbollah, riorganizzatosi dopo i colpi mortali inferti alla sua dirigenza. L’obiettivo di Netanyahu ora sarebbe quello di dividere il Libano, di mettere le altre comunità contro gli sciiti per indebolire Hezbollah.
In Occidente conosciamo Hezbollah soprattutto per la sua forza militare, ma la sua presenza nella società libanese è molto più radicata. Come si è sviluppata?
Inizialmente Hezbollah si è limitato a formare le sue milizie, poi negli anni 90 ha cominciato a presentare candidati alle elezioni. Per numero di preferenze nel 2022 è stato il primo partito in Libano. Dopo di loro, sommando i voti che hanno ottenuto, ci sono i movimenti della contestazione. Il terzo partito è Amal, che ha ottenuto 176mila preferenze contro le 347mila di Hezbollah. Poi ci sono le Forze libanesi. Se prendiamo i singoli deputati, i primi due per consenso ottenuto erano di Hezbollah, il cui capogruppo, poi finito fra i target di Israele, era primo. Il terzo era Nabih Berri, ora presidente dell’Assemblea nazionale, sciita di Amal. Hezbollah, quindi, ha una sua presenza, anche se bisogna vedere se l’elettorato, dopo le perdite umane e materiali dovute alla guerra, manterrà i suoi consensi. Ci sono diverse bozze presentate da Francia e Usa in cui si parla di un riassestamento delle istituzioni libanesi ipotizzando nuove elezioni nel giro di sei mesi.
Israele ha colpito i vertici di Hezbollah: le milizie filoiraniane stanno accusando ancora il colpo?
Hanno subito per due o tre settimane diversi attacchi, dal caso dei cercapersone all’uccisione di Nasrallah. Tutto ciò ha creato confusione e fatto nascere sospetti su chi poteva aver fornito informazioni sensibili. Hanno dovuto ricreare una rete di comunicazione, ma ora sono tornati a lanciare 100-150 razzi al giorno, il che dimostra che c’è stato un recupero della catena di comando. A livello ufficiale dicono di non avere posti vacanti nella dirigenza, ma non c’è una fonte neutrale per confermarlo. Si parla di due o tre località di frontiera in cui sarebbero entrati gli israeliani che però incontrano resistenza: vuol dire che un minimo di struttura esiste. I depositi di Hezbollah sono stati colpiti, ma le riserve non si sono esaurite. Hezbollah ha imparato la lezione di Hamas, che nei primi giorni di attacco aveva lanciato tutto il suo arsenale; non vuole esaurirlo subito.
Hezbollah è in grado di fermare l’IDF?
La propaganda di Hezbollah sostiene di non vedere l’ora che Israele avanzi via terra. Gli israeliani hanno una superiorità aerea, ma negli scontri sul terreno rischiano di perdere molti uomini. Hanno cinque divisioni che combattono dal Golan a Naqoura, al mare, ma non avanzano da due settimane: il primo giorno in cui hanno attaccato hanno perso 8 soldati. Hezbollah combatte in un terreno che conosce.
Hezbollah non è solo una forza politica e militare: in quali altri modi si manifesta la sua presenza nella società libanese?
Ha dispensari, ospedali, si occupa dei martiri, dei caduti, sovvenzionando le famiglie, ha delle scuole influenzate dalla ideologia del gruppo, possiede giornali e una stazione televisiva. Non solo, è presente anche nei sindacati e forma alleanze quando ci sono elezioni che riguardano gli ordini degli avvocati, degli ingegneri. Addirittura, dopo la guerra del 2006 è nata la fondazione Jihad al Bina (sforzo della ricostruzione) per ricostruire le case distrutte nel conflitto.
Una ricostruzione finanziata da chi?
Principalmente dall’Iran. I fondi arabi, dal Qatar per esempio, sono arrivati, ma non sono andati a Hezbollah. Aggirando le restrizioni sono arrivati finanziamenti anche da molti uomini di affari che hanno fatto fortuna in Africa o in altri luoghi. Hezbollah ha anche delle cooperative sociali ed è organizzata in una struttura capillare con cinque divisioni regionali.
Israele dice che vuol fare a Hezbollah quello che ha fatto ad Hamas. È un obiettivo plausibile?
Se Israele vuole fare fuori Hezbollah deve eliminare un milione di libanesi. Gli sciiti in Libano sono il 35% e due terzi di questi sono simpatizzanti Hezbollah. Quando gli israeliani hanno bombardato località cristiane perché c’erano profughi dal Sud, per far fuori una persona ne hanno uccise altre 23. Se questa è la proporzione, per far fuori un milione di persone dovranno prendersela con tutti i libanesi?
Ma quali sono gli obiettivi politici di Hezbollah?
Non riconosce Israele: potrebbe accordarsi per un cessate il fuoco e per il ritorno allo status quo ante 7 ottobre, ma non è disposto ad accettarlo come stato legittimo. Nato da una scissione di Amal (altro partito sciita) la principale rivendicazione che ne aveva accompagnato la nascita riguardava l’instaurazione in Libano di una repubblica islamica. Obiettivo poi accantonato perché hanno capito che in un Paese così composito le comunità cristiane non potevano essere d’accordo.
Ora a cosa puntano, a detenere comunque il potere politico?
In Libano le cariche devono essere distribuite tra le diverse confessioni. Su 128 deputati gli sciiti non possono averne comunque più di 27, anche se possono contare su deputati alleati di altri partiti. Tutte le cariche di prima categoria, dai direttori generali dei ministeri agli ambasciatori sono distribuite in base a regole precise. Vale la regola del fifty-fifty: una metà spetta ai cristiani, l’altra è divisa tra sciiti, sunniti e drusi. È anche per questo che il sistema istituzionale è bloccato, limita le scelte.
La strategia dell’attacco di Israele, quindi, è perdente? Hezbollah non scomparirà?
Israele bombarda gli sfollati che si sono rifugiati nelle zone cristiane, druse e sunnite. Lo fa per creare diffidenza, per indurre le altre comunità a fare pressione contro gli sciiti. Nabih Berri sta facendo da tramite tra Hezbollah e le diplomazie occidentali, ma anche il suo partito, Amal, ha avuto 32 morti dall’ottobre dell’anno scorso. Israele vuole dividere il Paese indebolendo Hezbollah e l’ideale in questo senso sarebbe di suscitare degli scontri armati interni tra le varie componenti libanesi.
(Paolo Rossetti)
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