Chi ricorda la sanguinolenta e viscida regina aliena con cui deve vedersela il “capitano” Ellen Ripley (Sigourney Weaver), provocando più di un brivido agli spettatori di Aliens – Scontro finale (Aliens, 1986, James Cameron)? Ed il liquefarsi che permette al tanto feroce quanto gelido cyborg T-1000 (Robert Patrick) di attraversare un foro nel vetro infranto di un elicottero o di appiattirsi in forma di pavimento a scacchi bianchi e neri davanti ad un distributore di bibite in Terminator 2 – Il giorno del giudizio (Terminator 2: Judgment Day, 1991, James Cameron)? E la mirabolante e (quasi) letale visita al parco di divertimenti più celebre della storia del cinema, dove ci si può adagiare con il dottor Alan Grant (Sam Neill) sulla pancia di un triceratopo malato, lasciandosene cullare, e di lì a poco intravedere – in soggettiva – in uno specchietto retrovisore un tirannosauro al nostro inseguimento (Jurassic Park, 1993, Steven Spielberg)? Speriamo davvero in molti, perché oltre a costituire stupefacenti mix di esemplari invenzioni meccaniche e digitali riconosciute negli anni con un apposito premio Oscar, sono anche immagini entrate di diritto nell’immaginario collettivo, non solo cinematografico. E soprattutto perché, dopo una lotta di sette anni contro un mieloma, la scorsa domenica sera, all’età di 62 anni, circondato dai propri familiari nella sua casa di Malibu (Los Angeles), se n’è andato il loro papà, il “creatore di creature” – come era conosciuto nell’ambiente – Stan Winston, guru hollywoodiano e autorità vera in fatto di effetti speciali visivi: «Non si tratta di tecnologia. Si tratta di scrittori che scrivono storie meravigliose con personaggi fantastici e di me capace di creare un effetto visivo che supera ciò che uno potrebbe aspettarsi».

Nato il 7 aprile 1946 a Richmond (Virginia) e appassionato di disegno, marionette e classici del cinema horror, dopo gli studi di pittura e scultura alla University of Virginia di Charlottesville, nel 1968 si trasferisce a Hollywood con la speranza di un futuro da attore. L’anno successivo, di fronte all’impossibilità di trovare sbocchi per questo suo primo interesse, dopo aver visto Il pianeta delle scimmie (Planet of the Apes, 1968, Franklin J. Schaffner), poi divenuto uno dei classici della fantascienza, inizia a lavorare al di là della macchina da presa con un programma di apprendistato di tre anni presso il Makeup Department della Walt Disney. Il suo primo lavoro degno di nota è per il piccolo schermo per il film TV Gargoyles (1972), per il quale vince un Emmy Award, un riconoscimento che ottiene anche per il trucco di un altro film TV, The Autobiography of Miss Jane Pittman (1974), nel quale la protagonista è mostrata, nell’evolversi della sua vita, dai 19 ai 110 anni. Nei primi anni Ottanta Winston – dopo la collaborazione con John Carpenter, per il quale cura alcuni degli effetti di trucco aggiuntivi de La Cosa (The Thing, 1982) nonché il successivo Starman (1984) – inizia il fecondo sodalizio con il tenace regista canadese James Cameron, anche lui giunto a Hollywood nel tentativo di sfondare: con lui costituisce la compagnia di effetti speciali “Digital Domain”, seconda solo alla “Industrial Light & Magic” di George Lucas, arrivando in seguito ad avviare uno studio che porta il suo nome. Arrivano cosi i già citati lavori con Cameron e i riconoscimenti dell’industria cinematografica statunitense ad un maestro degli effetti speciali che può anche vantare – caso rarissimo, è il secondo in ordine di tempo – una stella sulla Walk of Fame, il celebre marciapiedi sull’Hollywood Boulevard.

Ancora premio Oscar nel 1992, questa volta per il trucco di Batman – Il ritorno (Batman Returns, 1992, Tim Burton), la lista delle sue creazioni è davvero sterminata. Oltre a quelle già menzionate, tra le altre ricordiamo l’orrenda creatura extraterrestre che va in caccia di Arnold Schwarzenegger in Predator (1986, John McTiernan), il trucco speciale e le mani del malinconico protagonista in Edward mani di forbice (Edward Scissorhands, 1990, Tim Burton), l’elaborato makeup e gli effetti di Intervista col vampiro (Interview with the Vampire, 1994, Neil Jordan), sempre il trucco e le mostruose creature frutto di incroci genetici de L’isola perduta (The Island of Dr. Moreau, 1996, John Frankenheimer), il design e gli effetti di makeup speciale dei robot di A.I. – Intelligenza artificiale (Artificial Intelligence: AI, 2001, Steven Spielberg), la direzione degli effetti speciali del felliniano Big Fish – Le storie di una vita incredibile (Big Fish, 2003, Tim Burton) e del recentissimo Iron Man (2008, Jon Favreau).

Insomma, un grandissimo artigiano distintosi dietro le quinte al quale, al pari dei nomi che si guadagnano i titoli di testa, dobbiamo sicuramente qualcosa se oggi il cinema e la sua galleria di immagini sono quello che sono agli occhi degli appassionati e non.

(Leonardo Locatelli)

(foto: ansa)