Un ricchissimo cartellone, da vera e propria arena cinematografica estiva, fatto di ben dieci proiezioni – due titoli al giorno da oggi a venerdì 24 agosto in Sala Cinema D7 Acec, uno proposto nel primo pomeriggio e uno in prima serata – attende gli appassionati di cinema piccoli e grandi che si troveranno a passare per i padiglioni della Fiera di Rimini nell’ambito della 33ª edizione del Meeting, che quest’anno ha per titolo “La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito”.



Per iniziare al meglio questa settimana non ci poteva davvero essere modo più appropriato, con pellicole sia allettanti che azzeccate: la prima, in programma alle ore 14:30, è l’anteprima nella versione originale con sottotitoli in lingua italiana di Ribelle – The Brave di Mark Andrews e Brenda Chapman, 13º lungometraggio targato Disney/Pixar che sarà distribuito nelle nostre sale a partire dal 5 settembre, mentre la seconda, prevista per le ore 21:30, è l’immensa “opera-mondo” vincitrice della Palma d’oro al Festival di Cannes 2011, The Tree of Life di Terrence Malick, un’ottima occasione offerta dalla kermesse riminese nell’attesa di conoscere cosa il regista texano ci ha voluto riservare con To the Wonder, ultima fatica che sarà in concorso all’imminente 69ª Mostra del Cinema di Venezia (29 agosto – 8 settembre).



La vicenda al centro di Ribelle – The Brave, uscito nelle sale statunitensi lo scorso mese di giugno e presentato come la sfida più grande che la Pixar abbia mai affrontato, si svolge tra le verdi colline della Scozia medievale e vede lo scontro tutto al femminile tra la regina Elinor e sua figlia, la principessa dai folti capelli rossi Merida, che non fa certo mistero di preferire la propria libertà, arco e frecce alla mano, di contro all’amore e alla scelta del suo futuro marito, come invece richiesto dalle tradizioni della terra su cui regna il padre, re Fergus. Alla presentazione della pellicola a Roma il regista Mark Andrews ha tenuto a ricordare come in fase di stesura del soggetto «abbiamo attinto dalla nostra vita quotidiana. L’idea iniziale veniva dalla coregista Brenda Chapman e dal suo rapporto conflittuale con la figlia adolescente. La protagonista è infatti una ragazza moderna che vuole lottare contro quelle tradizioni che non le appartengono». Oggi è finalmente tempo di scoprire insieme come i due autori hanno affrontato e descritto questa delicata ed insieme avventurosa dinamica familiare.



In serata il grande schermo del Meeting si illuminerà invece per fare spazio a un autentico “architetto del cinema” («gli altri fanno film, Malick erige cattedrali», come scritto dal settimanale “Newsweek” in occasione dell’uscita di The New World – Il nuovo mondo), una sorta di Antoni Gaudí y Cornet della settima arte, uno studioso divenuto regista quasi per caso che si è nutrito nel tempo – tra le altre discipline affrontate durante e dopo gli anni dell’università – di filosofia tedesca, letteratura inglese, teologia, astronomia e ornitologia. Chi ha già avuto modo di attraversare almeno una volta i 130 minuti della pellicola partendo dalla citazione iniziale dal Libro di Giobbe crediamo potrà confermarlo: osservare le varie sequenze, contemplare le singole inquadrature, seguire le associazioni visive e sonore proposte, tentando di intuire – se non di immedesimarsi o fare proprie – l’esperienza e l’umanità che le presiedono, ha lo straordinario potere di restituire agli spettatori più pazienti occhi e sguardo nuovi anche di fronte alle cose più banali della loro quotidianità, non diversamente dai gruppi scultorei, dai pinnacoli, dalle volte e dalla selva di colonne di quell’autentica foresta di pietra che è la Sagrada Família. Due esperienze che volentieri accomuniamo e sentiamo di augurare a chiunque per i decenni a venire.

Prima dell’uscita della pellicola malickiana, il quotidiano inglese “The Guardian”, sintetizzando quanto circolava da tempo negli ambienti e tra gli addetti ai lavori, aveva scritto che «si ha la sensazione che Malick […] possa realizzare qualcosa capace di modificare la nostra visione del cinema», mentre un insospettabile Enrico Ghezzi ha affermato che «mentre lo vedevo, dopo mezz’ora, ho avuto una sorta di paura, di terrore che la storia del cinema finisse con questo film, che rendesse inutile qualunque altro film, perché è talmente al livello di 2001: Odissea nello spazio e oltre […]. È un film che farà sentire il cinema in modo diverso per anni». Un concetto efficacemente espresso anche da Emilio Ranzato: «Si tratta piuttosto di un’esperienza che mette chi la vive in contatto con l’essenza stessa di una forma d’arte. […] Qui si può legittimamente obiettare che il prologo metafisico e l’epilogo mistico, ancorché tanto meravigliosi da lasciare a bocca aperta, rimangono un po’ giustapposti al cuore del racconto, che invece è “semplicemente” la straordinaria cronaca di un’infanzia, seppur venata dalla magia di uno sguardo innocente. […] Ma in fondo è proprio in questo contrasto fra microscopico e macroscopico, che Malick gioca la sua sfida. Cercando di dimostrare […] che nella quotidianità di una persona e di una famiglia c’è, in nuce, lo stesso mistero e la stessa grandezza dell’universo. È un film che parla della sacralità della vita e dei rapporti umani. Dell’esperienza dell’uomo sulla terra come miracoloso trait d’union fra natura e grazia, le dimensioni che la voce narrante all’inizio ci descrive come contrapposte, e che attraverso un viaggio nella memoria dei sentimenti si fondono invece l’una nell’altra».

Sant’Agostino parlò di un «Prendi e leggi», Terrence Malick dice di un «Cercami»: per entrambi comunque il punto di inizio di qualcosa di nuovo nel loro percorso di uomini del loro tempo. Il primo ne ha tratto le proprie Confessioni, il secondo ha messo in parole, immagini e molto altro il suo personale Albero della Vita: ciò che hanno impresso il primo su pagina e il secondo su pellicola è quindi patrimonio – e possibile cammino – per tutti. “La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito”: buon Meeting!