Compie oggi cinquant’anni, proprio nel giorno degli innamorati, un film che intere generazioni ha fatto innamorare di quella magica fabbrica dei sogni chiamata Cinema: il visionario, commovente, immenso 8 ½ di Federico Fellini. Girato tra il maggio e l’ottobre del 1962 negli stabilimenti della Titanus Appia, per gli interni, e a Tivoli, Viterbo, Ostia e Fiumicino per gli esterni, il film rappresenta – tra altre tantissime cose – uno dei migliori contributi al rinnovamento linguistico e alla rottura dei codici espressivi tradizionali che il cinema ha conosciuto a partire dagli anni Sessanta.
Come film sul making di un film, ha ispirato tanti altri autori e vanta un buon numero di imitazioni: da Attenti alla Puttana Santa di Rainer W. Fassbinder (1970) a Effetto Notte di F. Truffaut (1973), da Il Mondo di Alex di P. Muzarsky (1970) giù giù fino all’insospettabile Sogni d’Oro di N. Moretti (1981), passando per il quasi plagio del Woody Allen di Stardust Memories (1980).
Come racconto-confessione di un autore in crisi con la propria arte, il film diventa l’eco, in gran parte involontario (Fellini non era un gran lettore), di influenze letterarie di taglio psicanalitico: dall’opera memoriale di Proust, a quella di Joyce o Pirandello, passando per La Coscienza di Zeno di Italo Svevo. Come autobiografia visionaria, a tratti esplicita, ma pur sempre artefatta nella sua finzione narrativa, il film è il testimone fedele e fedifrago, al tempo stesso, dell’esperienza di un regista che come pochissimi altri ha saputo fare della propria vita un’opera d’arte. Considerato da molti osservatori lo zenit della carriera del regista riminese, 8 ½ vinse numerosi meritati premi, tra cui l’Oscar per il film straniero nel 1964, il terzo della serie per Fellini.
Il famoso regista cinematografico Guido Anselmi (Mastroianni), in crisi creativa ed esistenziale, trascorre un periodo di cura in uno stabilimento termale. Qui, tra ricordi d’infanzia misti a sogni e incubi, incontri con l’amante (Sandra Milo) e scontri con la moglie (Anouk Aimee), la quotidianità di un nuovo film da realizzare senza idee e il rapporto con attori e produttore, l’incontro con un’autorità della Chiesa e i dialoghi col critico verboso, Guido riassume e analizza la propria esistenza.
Ispirato dalle apparizioni della donna della fonte (Claudia Cardinale), simbolo, forse, della ricercata pura compiutezza artistica ed esistenziale, il regista pare alla fine ritrovarsi. Nell’ultima scena del singolare percorso, nell’intreccio ormai indistinto di realtà e fantasia, Guido riunisce tutti i personaggi del film che deve fare, della sua vita e anche di 8 ½, in un girotondo infantile al suono di una marcetta da clown del circo (il motivo di Nino Rota che diventerà la bandiera dell’immaginario felliniano).
Narrano le cronache che Fellini fece appendere alla macchina da presa un cartello con la scritta “ricordati che è un film comico”, notazione che pare singolare, visto il soggetto appena descritto del film. In realtà, è abbastanza azzeccata, in quanto la struttura del film richiama, in un certo senso, quella delle comiche slapstick, cioè: una serie di episodi – ora onirici, ora realistici, ora simbolici, ora memoriali – appiccicati sulla sottile linea narrativa tracciata dal soggiorno termale del protagonista in crisi di ispirazione, che, proprio come le gag di un film comico, costituiscono il vero e quasi unico contenuto del film.
“Non ho proprio niente da dire, ma voglio dirlo lo stesso”, confida Guido alla cartomante Rossella (Falk), amica della moglie, sotto le impalcature dell’astronave del film in lavorazione, che si ergono altissime come una moderna torre di Babele, come uno scheletrico castello costruito in aria (fare castelli in aria è la mia occupazione preferita, diceva di sé Orson Welles). Parte della materia da cui Fellini trae ispirazione per 8 ½ è il caos intervenuto nella sua vita dopo l’inatteso successo planetario de La Dolce Vita, e le esagerate aspettative di conseguenza createsi attorno al suo lavoro. Aspettative che generano preoccupazione. Infatti, il Guido del film (alter-ego di Fellini), dopo un litigio con il direttore di produzione, si chiede se la sua mancanza di ispirazione non sia altro che “il crollo finale di un bugiardaccio senza più estro né talento”.
La gestazione di 8 ½ fu assai travagliata. Fellini, dopo un breve soggiorno a Chianciano Terme, tornò a Roma con una vaga idea per un film: un uomo sui quaranta si sottrae ai problemi del proprio lavoro con la scusa di una cura termale, e in questa sorta di limbo traccia un bilancio della sua esistenza fino a quel punto. Ma chi è quest’uomo? Il regista impiegò oltre un anno di tempo, trascorso tra preparativi tecnico-formali, provini e impegni contrattuali (nell’entourage si mormorava “stavolta non sa davvero ciò che vuole”), per confessare a se stesso che quell’uomo altri non poteva essere che Federico Fellini. Dall’iniziale identità fittizia del protagonista, Fellini arriva quindi all’autobiografia quasi diretta, sincera per quanto consentito dal mezzo cinematografico, almeno nell’esporre la difficoltà appassionata, per un artista, di doversi esprimere sempre all’altezza della propria fama. Motivo per cui, fra tanti altri, 8 ½ rimane una delle opere più ammirate e amate della storia del cinema. Un capolavoro immortale, che si lascia rivedere mille volte senza mai stancare.