Ottant’anni e non sentirli. Così viene da pensare del – forse – più famoso film di Frank Capra Accadde una notte, uscito in prima assoluta a New York il 22 febbraio 1934. Questo perché, sebbene lo sfondo sociale del film e soprattutto i pudori puerili dei protagonisti appaiano inevitabilmente datati, la cristallina forma narrativa e mimetica del cinema classico americano, di stampo griffithiano e con accenti del miglior Lubitsch, ancora risplende fulgida in questo capolavoro del genere commedia. Accadde una notte appartiene così di diritto all’Olimpo della storia del cinema come paradigma di perfetta storia per immagini, in cui il pubblico di ogni estrazione culturale e di ogni Paese può agevolmente trovare conforto e fiabesca immedesimazione.
Ancora ha da insegnare molto sul piano formale e recitativo, principalmente a quelli che ai giorni nostri vorrebbero imitarne la linearità e il naturale potere seduttivo presso il pubblico (soprattutto con le fiction tv), ma naufragano malamente, riuscendo in genere a inscenare solo fescennini miserrimi. Particolare caso di sophisticated comedy con accenti sociali e sottile diatriba tra le classi, in certo senso iniziatore del suo sottotipo detto screwball comedy, quella cioè basata su dialoghi serrati e scherzi di vario tipo, il film di Frank Capra spiazza per ottimismo e fede nel domani, incentrato com’è su personaggi che vanno incontro alle avversità col sorriso sulle labbra nell’America dalla grande depressione seguita al Wall Street Crash del 1929.
Facendosi largo tra le maglie censorie del neonato codice Hays, che imponeva – tra l’altro – che si potessero mostrare a letto insieme solo marito e moglie (nella finzione, ovviamente), la storia risulta semplice, molto efficace anche perché tracciata su un percorso di viaggio, quasi un road-movie ante-litteram. La ristrettezza di mezzi – le imposizioni del codice Hays, appunto – è spesso al cinema sinonimo di soluzioni geniali, sia narrative che visive. Accadde una notte racconta della ricca ereditiera Helen, bella e viziata, che in fuga dal padre dispotico, il quale non vuole maritarla con lo sgradito (a lui) fidanzato, incontra su un pullman un giornalista guascone, appena licenziato.
Questi, quando la riconosce, le offre aiuto per arrivare dal fidanzato in cambio dell’esclusiva giornalistica della sua storia. Durante il viaggio, tra varie vicissitudini e contrattempi (come genere impone), tra i due inevitabile nasce l’amore, che nel prevedibile finale, superati gli ultimi intoppi (ancora il genere), trionfa al suono di una tromba che fa cadere le Mura di Gerico, cioè la coperta che fa da separé nella camera di motel che sono costretti a condividere. Felice metafora imenaica, nonché sottile presa in giro del suddetto codice censorio.
Il successo del film fu enorme. Frank Capra, che aveva trentasei anni e firmato fino a quel momento una dozzina di lungometraggi, i primi all’epoca del muto inediti in Italia, andava confermandosi come uno dei maestri cui si deve la messa a punto della grammatica e della retorica del cinema narrativo classico. Come suoi illustri contemporanei quali John Ford, Howard Hawks, Ernst Lubitsch, Capra non solo vuole operare nella funzione narrativa del cinema, ma, poiché è possibile raccontare anche tramite fratture e contrasti (come fanno le avanguardie in Europa), vuole farlo nella maniera più mimetica e lineare possibile. Cioè lavora affinché il cinema scompaia a vantaggio della storia raccontata, e lo spettatore dimentichi di essere di fronte a unmedia ed entri completamente dentro il mondo che gli viene mostrato, fittizio ma in tutto e per tutto simile a quello vero.
Accadde una notte è anche, come detto, un film esplicitamente di genere, come imponeva il suo contesto produttivo. Questo non va però inteso come tratto limitante, o addirittura spregiativo del film; esso è invece la sua forza. Come Capra stesso sosteneva, l’artista deve sapersi ricavare spazi creativi e identità individuale anche nel sistema delle major produttive hollywoodiane, così da piegare le forme filmiche codificate alle proprie migliori inclinazioni poetiche. Per questo le commedie di Capra sono allineate ma anche personalissime, un peculiare misto di disavventure e immotivato ottimismo, dove finali improvvisi e miracolosi concludono, e a volte sublimano, percorsi accidentati e tragicomici. È alla fine lo spettatore a poter scegliere se accettare l’affascinante inganno, per continuare a sognare, oppure considerare le cose in maniera più realistica.
Il film, per la massiccia presenza dei suddetti caratteri, è il primo di quel filone che segnerà Frank Capra come più importante regista del new deal rooseveltiano. È infatti questa un’epoca nella quale la commedia, come genere principale della Hollywood anni Trenta, assolve anche una funzione sociale, contribuendo a restituire agli spettatori la fiducia nei rapporti umani, nel rapporto uomo-donna, nella famiglia e nella società nel suo complesso, quella fiducia che era stata gravemente intaccata dalla crisi del 1929. Circostanze tutte che concorsero al successo del film anche presso i giurati dell’Academy. Infatti, nel febbraio dell’anno successivo l’uscita, Accadde una notte ottenne tutti e cinque gli Oscar principali: film, regia, sceneggiatura, attrice (Clodette Colbert) e attore (Clark Gable) protagonisti; record che rimase intonso per oltre quarant’anni, fino a quando nel 1976 lo stesso cumulo di premi ricevette Qualcuno volò sul nido del cuculo di Milos Forman.
Posto che Accadde una notte, come la magica lanterna tutta, magnificamente assolva le nostre esigenze oniriche a occhi aperti, questo articolo si intende dedicato a chi, sognatore come lo stesso Frank Capra e qualunque cineasta in genere, vedeva nei personaggi dei suoi film il lato colorato e divino del genere umano.