«Ricordo che sentii parlare per la prima volta di quello che sarebbe diventato il copione di Apocalypse Now da John Milius e George Lucas nei tardi anni Sessanta […]. John raccontava storie incredibili sui suoi amici surfisti rientrati dal Vietnam e su quello che succedeva laggiù. Voleva scriverne una sceneggiatura, e la chiamava di volta in volta o The Psychedelic Soldier o Apocalypse Now. […] Molte delle grandi scene, delle scene memorabili, provengono testualmente dal copione originale di John Milius: la struttura della motovedetta e il suo equipaggio; lo straordinario attacco degli elicotteri con Wagner diffuso dagli altoparlanti; la tigre; le conigliette di Playboy; il misterioso ponte di Do Lung». Così scrive Francis Ford Coppola nell’introduzione alla versione originale (“Redux”) della sceneggiatura del suo celebre film monstrum firmata a quattro mani con uno dei più grandi screenwriter della New Hollywood, John Frederick Milius, che – nato a St. Louis (Missouri) l’11 aprile 1944 – compie oggi 70 anni.
Respinto per via dell’asma dai Marines, si iscrive alla Film School della University of Southern California. Nel 1971 sceneggia (non accreditato) Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo! di Don Siegel (con Clint Eastwood), mentre l’anno seguente è la volta di Corvo Rosso non avrai il mio scalpo di Sydney Pollack (con Robert Redford), uno dei fondamentali western degli anni Settanta, e di L’uomo dai sette capestri di John Huston (con Paul Newman), «mistura curiosa di ironia e nostalgia, grottesco e fantastico, lirico e realistico da ballata eroicomica, con qualche momento assai gustoso» (Morando Morandini): a star is born.
Nel 1973 esordisce dietro la macchina da presa con Dillinger (figura riportata sul grande schermo nel 2009 da Michael Mann), una pellicola che è «pura potenza, gesto, velocità, follia gratuita» e dove tutto il cast «è perfetto nel lavorare su personaggi privi di psicologia, attratti dalla violenza e che si muovono in un apparente deserto sociale, dove non si teorizza ma si agisce» (Massimo Rota). Da questo momento Milius inizia a coniugare la carriera di regista con quella di sceneggiatore-consigliere dei principali autori del momento, come il già citato Coppola e Steven Spielberg. L’anno successivo scrive con Michael Cimino – seppure a distanza, in momenti separati – lo script di Una 44 Magnum per l’ispettore Callaghan di Ted Post, nel 1975 collabora (non accreditato) allo spielberghiano Lo squalo, mentre nel 1979 per la sceneggiatura di Apocalypse Now («Sarà il primo film a vincere il Nobel») riceve la candidatura all’Oscar.
Nel frattempo – 1975 – crea la casa di produzione A-Team sotto la Warner Brothers: è l’anno del memorabile Il vento e il leone, sua seconda regia, con cui avvicina per la prima volta uno dei suoi personaggi storici preferiti, il presidente Theodore Roosevelt («Tu sei come il vento, e io come il leone. Tu formi la tempesta. La sabbia ferisce i miei occhi e la terra è riarsa. Io ruggisco con sprezzo ma tu non senti. Ma tra noi c’è una differenza. Io, come il leone, devo rimanere al mio posto. Mentre tu, come il vento, non conoscerai mai il tuo»). Del 1978 è il misconosciuto (alla sua uscita, salvo poi diventare un cult movie) Un mercoledì da leoni: “il grande mercoledì” (questo il titolo originale) dei tre amici surfisti Matt, Jack e Leroy, l’attesa di affrontare qualcosa di grande che qualcuno ha loro “promesso” e verso cui tende quello che sanno e sono.
Se questo è il sentimento che anima l’opera – sfidare e domare la grande mareggiata, annunciata all’inizio del film dall’amico Bear, con le tavole da surf da lui stesso preparate -, è altrettanto vero che sono l’immensità e la maestosità del Pacifico a scandire le vicende narrate, ispirate a personaggi e situazioni personalmente incontrati e vissute dal regista. Sono infatti l’oceano, le sue stagioni, le sue onde a costituire il filo rosso che intesse dodici anni della vita dei tre protagonisti, oltre a rappresentare il richiamo verso questo “oltre” anche quando il narrato sembra dire tutt’altro. L’ultima inquadratura apre però – in maniera semplice e sincera – un’altra interessante questione: in conclusione, la consistenza di questo “qualcosa” (così come della loro amicizia) può reggere il contenuto della promessa iniziale? Non è certo un caso che lo sceneggiatore e regista rappresenti anche la prima scelta di Sergio Leone quando si tratta di scrivere l’adattamento dal romanzo “The Hoods” di Harry Grey per quello che diventerà poi – nel 1984 – C’era una volta in America, ma a causa di ritardi nella produzione e difficoltà legate all’acquisizione dei diritti del libro l’ipotesi tramonta.
Nel 1982 sceneggia con Oliver Stone e dirige Conan il barbaro, trampolino di lancio dell’allora culturista Arnold Schwarzenegger: secondo Paolo Mereghetti, il regista «usa tutte le sue migliori risorse figurative e plastiche per raccontare il proprio ideale di superomismo, ora cupo inno alla forza ora decadente invito all’antimodernismo. Più di una volta l’enfasi deborda, ma nella corsa del guerriero nella prateria si respira il segreto della vera epica». Nel 1984 realizza – su una sceneggiatura scritta con Kevin Reynolds – il discusso Alba rossa, il racconto della resistenza di un gruppetto di liceali Usa contro l’invasione di truppe aerotrasportate russe e cubane.
Del 1988 e del 1990 sono rispettivamente Addio al re e L’ultimo attacco: entrambe le pellicole gli sono però tolte di mano, venendo rimontate dagli studios che le hanno prodotte, risultando dei fallimenti al botteghino. Passano così altri quattro anni prima che Milius possa tornare a dirigere qualcosa: Motorcycle Gang (1994), primo episodio di una serie tv (“Rebel Highway”) basata sui B-movies degli anni Cinquanta, ma soprattutto Rough Riders (1997), altra produzione televisiva con la quale torna a trattare di Teddy Roosevelt.
Tra i lavori da sceneggiatore per il grande schermo di quest’ultimo periodo vanno invece citatiCaccia a Ottobre Rosso (1990, non accreditato) di John McTiernan, Geronimo (1993) di Walter Hill eSotto il segno del pericolo (1994) di Phillip Noyce. Infine, una piccola curiosità: nel 1998 esce Il grande Lebowski di Joel & Ethan Coen, i quali – grandissimi ammiratori di Milius – basano su di lui il personaggio del reduce del Vietnam Walter Sobchak (l’amico di Jeff “Dude” Lebowski interpretato da John Goodman). Come ha scritto Giulia D’Agnolo Vallan, curatrice della retrospettiva a lui dedicata nell’ambito della 19ª edizione del Torino Film Festival (novembre 2002), «[s]tranissima combinazione di antichità e avanguardia, Milius ha da sempre un rapporto difficile con la contemporaneità. […] Profondamente morale, ostinatamente non modaiolo e solidamente ancorato alla tradizione classica, non digitalizzata, del racconto, (il cinema di) John Milius continua a essere “non di questo tempo”. Attenzione però, perché la sua inattualità oggi risulta scandalosamente, provocatoriamente, moderna».