Nell’ambito della XXXVII edizione dell’annuale Meeting per l’Amicizia tra i Popoli in corso alla Fiera Nuova di Rimini dal titolo “Tu sei un bene per me”, continuano gli appuntamenti con il grande cinema, e non certo per soli appassionati o addetti ai lavori. Domenica sera si è tenuta l’affollata anteprima europea di Full of Grace (2015, scritto e diretto da Andrew Hyatt) alla presenza di uno dei produttori, Terence “T.J.” Berden. Un’opera che cerca meritoriamente di condensare in ottanta minuti gesti, sguardi ed espressioni che tratteggiano a favore del grande pubblico (pertanto non necessariamente credente) i dubbi e le tensioni non solo di carattere dottrinale che agitavano le primissime comunità cristiane del Medio Oriente dieci anni dopo la morte e la resurrezione di Gesù di Nazareth: il film è infatti ambientato alle porte di Gerusalemme nel 43 d.C., proprio negli ultimi giorni terreni della madre Maria, presso la quale – a partire da Pietro – si ricongiungono gli Apostoli sopravvissuti alle prime persecuzioni.
Nella serata di oggi invece, tra le molte proposte offerte dal programma riminese, vale davvero la pena trovare ancora un’ora e venti minuti per restare presso i padiglioni fieristici. Alle ore 21 presso la Sala Neri Conai c’è infatti in cartellone la proiezione di Ida (2013), co-sceneggiato e diretto dal polacco (ormai stabilitosi nel Regno Unito) Pawel Pawlikowski (1957), vincitore del Premio Oscar 2014 come miglior film straniero e candidato nella categoria miglior fotografia per il raffinato e accuratissimo bianco e nero di Ryszard Lenczewski e Lukasz Zal, nell’ormai inconsueto formato 1,37:1. Sempre nel 2014, in occasione degli European Film Awards (Efa), la pellicola ha invece portato a casa i premi per i migliori film, regista, sceneggiatura e fotografia, oltre a quello del pubblico.
Polonia, anni Sessanta. Affidata in tenerissima età a un orfanotrofio, da sempre cresciuta in un convento di campagna e a una sola settimana dal prendere i voti, la giovane Anna viene invitata dalla propria madre superiora ad andare a conoscere Wanda Gruz, in quanto sua unica parente vivente, per restarvi quanto servirà. Una volta giunta a destinazione riceve infatti dalla zia – che è stata prima una partigiana ed è poi diventata un procuratore molto potente e temuto (è infatti conosciuta come “la sanguinaria”) -, una sconvolgente notizia sul proprio passato: Anna in realtà si chiama Ida Lebenstein, in quanto figlia di due ebrei di cui non si sa come siano morti e dove siano sepolti.
Ha così inizio un viaggio verso i luoghi delle proprie origini in compagnia della zia, che si scopre via via avere un atteggiamento alquanto ironico sulla religione – e quindi sulla scelta della nipote – e seri problemi di alcolismo. In una delle tappe, le due danno un passaggio e fanno la conoscenza di un giovane e attraente sassofonista di nome Lis. Una volta recuperati i resti dei genitori e del fratello, si dirigono a Lublino per dare loro sepoltura nella tomba di famiglia. Ma il cammino, soprattutto interiore, di Anna/Ida non è certo giunto alla sua conclusione…
Mozart e la sua Sinfonia n. 41 in do maggiore K551 “Jupiter” fanno capolino nella colonna sonora in poche ma significative occasioni all’interno di un film che preferisce la sottrazione (anche recitativa) all’esplicitazione, fatto di inquadrature dove, specialmente all’inizio, le figure umane sono volentieri lasciate ai margini dei fotogrammi (quindi letteralmente non “centrate”), come se oppresse dallo spazio circostante, sia chiuso che aperto.
Per questa ragione, al termine della visione non possono che restare negli occhi dello spettatore gli ultimi due movimenti della macchina da presa, due carrellate, una laterale, che procede con Anna/Ida ma in senso contrario al via vai dei passanti sul marciapiede e dei veicoli in strada, e una all’indietro, a precedere la protagonista avviata con un passo divenuto ormai certo del percorso da intraprendere, verso un bene apparentemente “contro” il mondo, ma decisamente “per” se stessa.