Nel 2020 in Italia sono morte 746.146 persone, 100.526 in più rispetto alla media dei cinque anni precedenti, 112 mila in più di quelle decedute del 2019. Le morti dovute direttamente al Covid-19 sono state 76 mila, ma anche gli altri 25 mila decessi sono stati causati dalla pandemia. Indirettamente. Lo dimostrano i dati forniti dalla Fondazione Gimbe, Gruppo italiano per la medicina basata sulle evidenze, che ha registrato 1,3 milioni di ricoveri in meno nel 2020 rispetto all’anno precedente, il 52,4% di quelli medici e il 47,6% di quelli chirurgici, e 144,5 milioni di prestazioni di specialistica ambulatoriale in meno, tra le quali spiccano gli esami di laboratorio (62,6% delle prestazioni in meno), la diagnostica (-13,9%), le visite (-12,9%) e infine l’area della riabilitazione (-5,8%) e quella terapeutica (-4,9%).
I freddi dati numerici sono confermati da un’indagine Elma Research, secondo la quale i pazienti non si recano ancora oggi negli ospedali per paura di contrarre il virus, avvertono un senso di isolamento e smarrimento per aver perso il contatto con il sistema sanitario e per non riuscire a orientarsi per la ripresa dei percorsi di diagnosi e cura. Insomma, il Covid-19 ha colpito anche chi non lo ha contratto e per ridare fiducia alle persone Johnson&Johnson Medical Italia, leader italiano nel settore dei dispositivi medicali, ha promosso la campagna di sensibilizzazione “La mia salute non può aspettare”, il cui obiettivo è supportare e accompagnare i cittadini che, grazie a facili linee guida, potranno intraprendere e/o continuare a proseguire il proprio percorso di cura in sicurezza.
«In questo momento è vitale rilanciare i processi di cura di tutte le patologie non Covid-19 in tutte le fasi: dagli screening, alla diagnostica, alle visite di controllo, agli interventi chirurgici e ai follow up», ha spiegato Silvia De Dominicis, presidente e amministratore delegato di Johnson & Johnson Medical. «Come azienda impegnata a elevare gli standard di cura e a generare un impatto positivo sui pazienti lungo tutto il loro percorso, abbiamo fortemente voluto promuovere una campagna di sensibilizzazione al ritorno alle cure per dare un supporto concreto ai cittadini».
All’iniziativa hanno aderito associazioni di pazienti (come Alice, Amici Obesi, Anmar, Europa Colon e Europa Donna) e Società scientifiche e organizzazioni professionali come Acoi, l’Associazione chirurghi ospedalieri italiani, la Società italiana anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva, la Società italiana chirurgia, la Società italiana cardiologia, la Società italiana di chirurgia endoscopica e nuove tecnologie, la Società italiana chirurgia oncologica, la Società Italiana di chirurgia dell’obesità e delle Malattie Metaboliche, la Società italiana di chirurgia toracica, e la Società italiana di endoscopia toracica.
Associazioni e società hanno stilato un decalogo di raccomandazioni alle istituzioni che contiene indicazioni di breve e lungo periodo fondate sul principio di un nuovo sistema sanitario costruito attorno alle esigenze dei pazienti. Mentre sul sito http://www.lamiasalutenonpuoaspettare.it/, i cittadini troveranno vari documenti tra cui delle “domande e risposte” sulla sicurezza degli ospedali, le check list per sfruttare la telemedicina e riuscire a orientarsi nella ripresa dei percorsi di cura, grazie anche a maggiori informazioni circa le nuove modalità di interazione offerte dalla Digital Health, e video-interviste ai presidenti delle associazioni di pazienti e delle Società scientifiche coinvolte che spiegheranno in modo chiaro e pratico, patologia per patologia, l’importanza di non rimandare né interrompere le cure, evidenzieranno la centralità degli screening ed illustreranno le principali necessità dei pazienti e come sostenerli.
«La pandemia ha portato alla luce l’urgenza di ridefinire il concetto di cura attorno alle esigenze dei pazienti e la necessità di ottimizzare le risorse del sistema sanitario per migliorare gli standard di cura e quindi curare un maggior numero di cittadini. Insieme abbiamo riflettuto sulla sanità digitale, come opportunità per immaginare nuovi luoghi di cura anche virtuali e come punto di partenza per fare leva sui dati e sull’intelligenza artificiale al fine di assicurare appropriatezza terapeutica e equità di trattamento», ha concluso De Dominicis.
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