I Mondiali di sci a Cortina sono finalmente iniziati e oggi parliamo quindi di uno sport invernale “popolarissimo” soprattutto in Italia: il curling. Presumo che pochissimi l’abbiamo mai visto dal vivo, io ci sono riuscito nel 2006 alle Olimpiadi Invernali di Torino. Il gioco è stato inventato nel 1500 in Scozia forse per trascorrere il tempo nelle lande ghiacciate e fredde. Un gioco semplice: i concorrenti decidevano un punto sul ghiaccio, lanciavano delle pietre lisce e chi le tirava più vicino al punto stabilito vinceva alla gara. Probabilmente in palio c’erano delle grandi bevute. È di fatto simile al gioco delle bocce, che già sembra venisse giocato non certo in luoghi gelati nel 7.000 a.C., adattato appunto alla latitudine e alle condizioni climatiche della Scozia.
Nei secoli è stato affinato tanto da diventare sport olimpico. Adesso si gioca in un palazzetto del ghiaccio con corsie simili ai campi da bocce, una pietra di granito di 20 kg con manico viene fatta scivolare sulla pista per raggiungere dei centri concentrici (bottone) con ognuno un punteggio diverso. La pietra vincente è quella che più si avvicina al centro dei cerchi. Vince chi fa più punti come nelle bocce. Le squadre sono formate da 4 giocatori ciascuna e si affrontano due team.
La pietra che viene lanciata si chiama stone, viene estratta in un’isola della Scozia, levigata e ha un manico che serve per il lancio. C’è un’importante differenza con il gioco delle bocce: ci sono due giocatori che con lo spazzolone sembra puliscano il ghiaccio davanti alla pietra in movimento, ciò serve per fargli prendere la traiettoria giusta.
Sembra semplice ma non lo è, innanzitutto si gioca al freddo anche se in televisione si vedono i giocatori in maniche corte (avranno le scalmane?), bisogna stare in equilibrio e perciò sono aiutati dalla tecnica perché le due scarpe hanno suole differenti, una ha delle solette che aiutano a scivolare mentre l’altra ne ha una che invece crea attrito, rallenta e frena (tempo addietro questa suola aveva dei chiodini). Tutto risolto? Per nulla, si può cadere ugualmente, c’è sempre l’atleta con il proprio fisico, capacità ed esperienza.
Il lanciatore tira il pietrone, ma il lavoro più improbo è quello di altri due atleti del team che con degli spazzoloni grattano il ghiaccio forsennatamente definendo la traiettoria del biglione, rallentandone o velocizzandone la corsa. Non è un gesto semplice, primo, perché sono sempre in piedi in un equilibrio non certo ottimale, e secondo perché fanno andare di brutto le braccia, un bel lavoro massacrante unito al fatto che devono tener d’occhio dove sta andando il pietrone. Anche il lanciatore è un buon atleta perché si piega con una gamba e con il corpo in una maniera acrobatica. Io preferisco le bocce: è meno faticoso, si può fumare, non fa freddo e poi si può bere un prosecchino tra un tiro e l’altro.
Chiaramente non è uno sport professionistico e il Canada è il più medagliato. Ma il film di cui parliamo a breve è tutto romano, neppure un po’ di Alto Adige o Val d’Aosta, ciò è divertente visto che quando a Roma nevica (diciamo nevischia), la capitale si blocca. Il curling è lo spunto di questo film, ma se fosse stato realizzato in Francia o negli Usa avrebbe avuto più successo.
Ed eccoci a La Mossa del Pinguino (2013) opera prima di Claudio Amendola come regista. È una commedia, ma non è un film banale, risveglia l’umanità che in noi è spesso sopita. Abbiamo quattro personaggi le cui storie personali si incrociano con questo sport che resta in secondo piano. È la vicenda umana di Bruno/Edoardo Leo giovane quarantenne rimasto Peter Pan, sposato, con un bambino, che di fatto è inconcludente nella vita combinandone una più di Bertoldo. Gli va a ruota il suo amico d’infanzia Salvatore/Ricky Memphis che lo segue nelle sue disinvolte avventure. Ha un padre con l’Alzheimer che vive con lui, gli vuole bene e gli strugge il cuore vederlo consumarsi.
Qui subentra il curling: Bruno ha l’idea di formare una squadra per partecipare alle selezioni nazionali in vista delle Olimpiadi Invernali di Torino 2006 e Salvatore si accoda come sempre. Idea bizzarra per dei romani di nascita. Vanno poi alla ricerca degli altri due atleti, e ideona… si recano in un centro bocciofilo dove rimangono esterrefatti da come gioca Ottavio/Ennio Fantastichini vicino di casa di Bruno, con cui non ha però buoni rapporti. Tipo scontroso, vedovo, che rifiuta i rapporti con gli altri. Ma comunque accetta. Manca il quarto che viene scelto nel bar di quartiere, Neno/Antonello Fassari, un filibustiere che vivacchia insegnando ai ragazzi a giocare a boccette e millantando affari a Montecarlo, un fallito con qualche anno di gabbio trascorso a Regina Coeli. Per di più, tra Neno e Ottavio scorrono dei vecchi rancori.
Bruno investe i pochi soldi intoccabili del figlio per comprare le attrezzature da curling e iniziano ad allenarsi di sfroso in un palaghiaccio conoscendone il guardiano. La moglie di Bruno scopre l’ammanco e lo caccia di casa. Il nostro perde anche il lavoro di pulizie che ha in un museo. Sembra una catastrofe, ciò lo mette in crisi anche coi compagni. Il desiderio di continuare è grande e la molla che riattiva tutto è la moglie che lo perdona. I quattro moschettieri romani vanno perciò alle selezioni con il tifo della moglie e il figlioletto di Bruno. Chiaramente non si qualificano, fanno le comiche sul ghiaccio.
Un film che ci sorprende a tratti, che ci strappa sorrisi, ma che ha il suo focus nei rapporti umani dei quattro protagonisti. Da un desiderio di Peter Pan sfigato si arriva a sviluppare amicizie e rapporti e un cambiamento umano in ognuno di loro.
Qualche scivolata c’è, siamo sul ghiaccio…, non è un capolavoro, ma non è per nulla da cestinare.
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