L’ipotesi era già circolata nei giorni scorsi e, ora, viene rafforzata da un nuovo studio condotto a Parigi: secondo tre ricercatori transalpini, la nicotina potrebbe proteggere dal Coronavirus. Gli studiosi, augurandosi che la loro intuizione possa contribuire a salvare delle vite, nel documento pubblicato su qeios.com scrivono: “Sulla base dell’attuale letteratura scientifica e di nuovi dati epidemiologici, il fumo sembra essere un fattore protettivo contro l’infezione da Covid-19”. Stando alle loro impressioni, il virus entrerebbe nell’organismo attraverso i neuroni del sistema olfattivo e/o attraverso il polmone, portando a diverse evoluzioni cliniche con esiti diversi, in contrasto con l’opinione attualmente accettata che l’ACE2 sia il principale recettore del Coronavirus per il suo ingresso nelle cellule. “Non bisogna dimenticare – aggiungono – che la nicotina è una droga d’abuso, responsabile della dipendenza da fumo e che il fumo genera gravi conseguenze patologiche sulla salute degli individui. Eppure, in ambienti controllati, gli agenti nicotinici potrebbero fornire un trattamento efficace per le infezioni acute”.



“LA NICOTINA PROTEGGE DAL CORONAVIRUS”: LA CONFERMA DAI NUMERI

I tre studiosi francesi hanno dunque notato un potenziale effetto protettivo del fumo e della nicotina sull’infezione da Coronavirus. “Sebbene la chimica del fumo di tabacco sia complessa, questi dati sono coerenti con l’ipotesi che il suo ruolo protettivo avvenga attraverso l’azione diretta su vari tipi di nAChR espressi nei neuroni, nelle cellule immunitarie (compresi i macrofagi), nel tessuto cardiaco, nei polmoni e nei vasi sanguigni”, scrivono, aggiungendo che la nicotina può essere suggerita come potenziale agente preventivo contro l’infezione da Covid-19 e le prove raccolte finora ne legittimerebbero l’utilizzo anche a livello terapeutico, scongiurando peraltro i deficit di cui il virus è responsabile all’interno dell’organismo umano. Quale potrebbe essere la terapia? Cerotti alla nicotina (e altri agenti nicotinici) o altri metodi di somministrazione (come inalazione o masticazione) nei pazienti ospedalizzati e nella popolazione in generale, al fine di scongiurare complicazioni e debellare il Coronavirus, anche se l’Istituto Superiore di Sanità italiano e l’OMS non sono d’accordo.

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