Lo scandalo della P2: la loggia fu sciolta grazie alla Legge Anselmi

La loggia P2 – acronimo di Propaganda due – fu un’associazione per delinquere e loggia della massoneria italiana aderente al Grande Oriente d’Italia. Fondata nella seconda metà dei Diciannovesimo secolo, venne sciolta durante il fascismo e ricostituita nel dopoguerra. Nel periodo della sua conduzione da parte di Licio Gelli, assunse forme deviate rispetto agli statuti della massoneria ed eversive nei confronti dell’ordinamento giuridico italiano. Fu sospesa dal GOI il 26 luglio del 1976 e poi sciolta attraverso la Legge Anselmi.



La Legge Anselmi del 25 gennaio 1982 è una legge della Repubblica italiana promulgata durante il governo Spadolini I. Emanata dopo l’esplosione dello scandalo della P2 e del ritrovamento della lista degli appartenenti alla loggi che suscitò scalpore, nel luglio del 2018 è stato depositato il disegno di legge n. 364-“Disposizioni in materia di incompatibilità con la partecipazione ad associazioni che comportano vincolo di obbedienza come richiesto da logge massoniche o ad associazioni fondate su giuramenti o vincoli di appartenenza”.



I contenuti della Legge Anselmi sulla P2

La Legge Anselmi ha acceso i riflettori sull’articolo 18 della Costituzione, rimarcando all’articolo 1 che tra le organizzazioni vietate dal dettato costituzionale rientrando anche quelle non segrete ma che occultano in tutto o in parte finalità e attività, nonché interferenti con gli organi della PA e con i servizi pubblici essenziali.

Nella legge Anselmi contro la P2 sono contenute sanzioni nei confronti di chi promuove o partecipa a tali organizzazioni, con pene detentive. Inoltre, disponendo come conseguenza dell’accertamento dell’esistenza, lo scioglimento e la confisca dei beni. Entrando nel dettagli, la Legge Anselmi sulla P2 ha stabilito la possibile sospensione o licenziamento dei dipendenti della PA militari o civili appartenenti a tali organizzazioni. Previsto, inoltre, l’obbligo per le amministrazioni competenti di svolgere accertamenti istruttori e di inviare gli atti all’autorità giudiziaria italiana e di promuovere azione disciplinare nei confronti di tali dipendenti.