Hamas potrebbe liberarli per avere qualche giorno di respiro e magari tentare, per quanto possibile, di riorganizzarsi. Israele per cedere alle pressioni interne, con le famiglie dei rapiti che marciano verso Gerusalemme per chiedere al governo Netanyahu di attivarsi per la salvezza dei loro cari, e a quelle internazionali. La liberazione di 50 ostaggi, probabilmente donne e bambini da scambiare con donne e giovani prigionieri nelle carceri israeliane, è data per possibile dallo stesso presidente americano Joe Biden. Insomma potrebbe essere una questione di ore, anche se, visto il contesto, la cautela rimane d’obbligo. Hamas, spiega Vincenzo Giallongo, colonnello dei Carabinieri in congedo che ha partecipato a diverse missioni in Albania, Iraq, Kuwait e Kosovo, ha quattro capi e metterli d’accordo non è sempre facile. Nelle ultime ore, però, proprio Hamas avrebbe dato il via libera all’accordo in cambio di tre giorni di tregua. Ma anche del rilascio di donne e bambini prigionieri e di un aumento delle forniture umanitarie per Gaza.
La strategia dell’organizzazione terroristica palestinese (che però è anche un partito politico) potrebbe essere di liberare gruppi di ostaggi per guadagnare un cessate il fuoco temporaneo, gestendo le persone che rimarranno sotto il suo controllo per allentare la pressione israeliana anche nelle prossime settimane. Nelle trattative sono impegnati Egitto e Qatar, ma un ruolo potrebbe averlo anche la Giordania.
Intanto fa discutere l’entrata dell’Idf nell’ospedale Al Shifa alla ricerca di miliziani. “Anche quando eravamo in Iraq come forza di pace – spiega Giallongo – ci sparavano dall’ospedale perché sapevano che non avremmo risposto al fuoco per non colpire i malati. L’esercito israeliano vuole essere sicuro che non succeda la stessa cosa”.
Colonnello, anche Biden dà per imminente una consistente liberazione di ostaggi. Si parla di 50 persone: si tratta di una possibilità concreta?
Dovrebbero essere tra le 50 e le 70 persone alla cui liberazione si sta lavorando con la mediazione del Qatar, che dopo i Mondiali di calcio e una sostanziale apertura all’Occidente deve gestire la presenza sul suo territorio dei capi di Hamas e cerca di fare da mediatore per ricostruire la sua immagine.
Perché Hamas si sarebbe decisa a liberarli proprio adesso, nel momento di massima pressione degli israeliani su Gaza?
Proprio perché la pressione israeliana è molto forte: gli israeliani si sono spinti dove non erano mai arrivati. Le dichiarazioni secondo le quali Hamas non controlla più la Striscia di Gaza sono pesanti; se siano del tutto vere non possiamo saperlo senza essere sul campo, ma di fatto Israele sta avanzando. Gli uomini di Hamas, quindi, hanno bisogno di ricompattarsi e di guadagnare tempo: ora sono sottoterra, se avessero i cinque giorni di tempo richiesti avrebbero tempo di fuggire e ricostituire i loro gruppi di azione. Hanno ancora tunnel pieni di armi. E poi non liberano tutti gli ostaggi. In tutto sono più di 200, anche se non credo che siano tutti vivi. Ne terrebbero comunque altri da utilizzare per prossime trattative.
Le richieste di Hamas, quindi, potrebbero anche non riguardare solo lo scambio di prigionieri?
Hanno chiesto alcuni giorni di pausa nei combattimenti, ma credo che chiederanno anche altro: già in altri casi, tuttavia, hanno avanzato delle proposte facendo promesse che non sono state mantenute. Il motivo vero per cui trattano, comunque, è per avere un po’ di respiro; cinque giorni farebbero molto comodo. Ma potrebbero trarre vantaggio anche dalla liberazione di prigionieri: bisogna vedere chi saranno coloro che eventualmente potranno uscire dalle carceri, non necessariamente donne e ragazzi, anche uomini che potrebbero tornare a combattere. Spero che Israele non ceda su questo punto.
Gli israeliani libereranno i detenuti meno pericolosi?
Mi auguro. A meno che la richiesta di Hamas riguardi una lista specifica di nomi: lo hanno già fatto in altre occasioni. Che siano in trattative avanzate è sicuro, ma non dimentichiamo che Hamas non ha un unico capo, ne ha quattro, tre militari e uno più politico, basta che uno abbia un parere diverso e salta tutto: non venderei la pelle dell’orso prima di averlo catturato. Non è la prima volta che Hamas parla di liberazione, è successo anche la settimana scorsa, ma non se ne è fatto ancora niente.
Israele, invece, perché si è decisa a trattare? Per venire incontro alle richieste dei familiari degli ostaggi, che sui media chiedono a gran voce a Netanyahu di prendere l’iniziativa?
È un Paese occidentale, deve muoversi tenendo conto anche del consenso interno. In questo momento ci sono delle proteste di cui deve tenere conto. Così come pesano le proteste internazionali.
Come mai nonostante un vistoso avanzamento sul territorio di Gaza l’Idf non ha trovato ostaggi? Dove vengono nascosti, tutti sottoterra?
Ci sono centinaia di chilometri di tunnel sottoterra, qualcuno dice 500 km, altri di più. È come il tragitto da Milano a Roma, 200 persone le polverizzi mettendone una ogni due chilometri. Gli ostaggi li avranno sistemati sicuramente nei tunnel, anche perché non c’era tempo di portarli altrove. Credo siano tenuti separati, uno o due in ogni luogo, mimetizzati, magari vestiti come i miliziani, per impedire di distinguerli subito.
Se ne vogliono veramente liberare 50 un po’ di tempo ci vorrà per procedere. Come avverrebbe materialmente lo scambio tra ostaggi e prigionieri?
Ci vorrà il cessate il fuoco e verranno utilizzati dei mediatori a cui verranno consegnati gli ostaggi, così come dall’altra parte ci saranno altri mediatori che si occuperanno dei prigionieri liberati. Di solito viene scelto un mediatore internazionale, che può essere l’Onu o un Paese terzo cui vengono consegnate le persone per portarle dove pattuito. Se Israele dovesse liberare uomini in carcere per azioni violente, questi vorranno essere riportati a Gaza.
Nella trattativa non hanno un ruolo solo Hamas e Israele: chi sta mediando per cercare di salvare gli ostaggi? Oltre al Qatar anche l’Egitto o ci sono altri Paesi ancora?
Molti stanno concorrendo a questa trattativa, persino la parte meno intransigente dell’Iran. I protagonisti principali, però, sono sicuramente l’Egitto e il Qatar, ma non escluderei la Giordania. Non dimentichiamo che la regina Rania è palestinese e ha rapporti stretti con l’Occidente. La Giordania ha interessi diretti a che ci sia una pacificazione in quell’area.
Hamas, nonostante l’avanzata israeliana, ha ancora intenzione di resistere, anche se solo nei tunnel: cosa può fare per rendere dura la vita all’Idf?
Hamas continua a dire che vive per l’eliminazione totale di Israele: non vuole due popoli e due nazioni che convivano. I suoi uomini possono solo cercare di riorganizzarsi, per ora rimanendo sottoterra. Ma i tunnel hanno delle uscite, non tutte conosciute: non è escluso che una parte dei miliziani fugga con l’obiettivo di ricompattarsi da un’altra parte.
L’Idf è entrato nell’ospedale Al Shifa: un intervento che ha rilanciato le polemiche sugli interventi militari relativi alle strutture sanitarie. Secondo alcune fonti gli sfollati presenti sarebbero stati ammanettati. È necessaria un’iniziativa del genere in un nosocomio in condizioni così disastrate?
È una situazione che ho vissuto in prima persona, quando mi trovavo in Iraq con la Msu (un’unità specializzata multinazionale di peacekeeping dei carabinieri, nda). Lì ci sparavano dall’ospedale perché sapevano che eravamo una forza di pace e non avremmo risposto per non mettere in pericolo i malati. Quando è scoppiata la bomba per l’attentato di Nassiriya abbiamo dovuto bonificare l’ospedale per riuscire a portarci i feriti: abbiamo mandato personale a controllare piano per piano per evitare che qualche terrorista non ammazzasse chi veniva trasferito lì per le cure. Gli israeliani hanno ragione di interrogare il personale e raccogliere informazioni, perché l’ospedale era pieno di terroristi. Dall’ospedale si dipartono molti bunker o arrivano lì. Hamas lo fa apposta per sfruttare la situazione a livello mediatico a suo favore: “Avete visto, sparano sui malati”. Gli ospedali sono sicuramente anche covi di terroristi: ci sono filmati di miliziani armati fino ai denti che sono scappati entrando proprio lì. Avranno sfruttato qualche tunnel: non li hanno più trovati.
(Paolo Rossetti)
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