Prende le mosse dal nuovo libro di Adriano Prosperi (“Tremare è umano. Una breve storia della paura“) la riflessione che lo storico Franco Cardini consegna alle pagine di Avvenire. Il punto di inizio di questo viaggio nelle umane paure è appunto quello che ha a che fare con la carta d’identità perché, spiega Cardini, “tutti noi sappiamo che potremo morire: ma i vecchi sanno che debbono farlo, che non possono vivere troppo a lungo fingendo che quel debito da pagare non esista. In cambio, hanno avuto tempo per prepararsi: e sono in tanti ad averlo messo sul serio a frutto“.



Cardini osserva come quello di Prosperi sia un “libro d’occasione: per chi è abituato a scrivere e a meditare, un’epidemia – come una malattia o una guerra – costituisce sempre, piaccia o no e sia più o meno scomodo, un’esperienza preziosa, un’eccellente occasione per comprendere cose che, senza la dovuta esperienza diretta, ci sarebbero forse rimaste incomprensibili o quanto meno più oscure e ingarbugliate“. Quali sono, dunque, gli insegnamenti che questa pandemia ha portato in dote?



FRANCO CARDINI: “IL VELENO DELLA PAURA È VERSATO”

I quesiti posti da Franco Cardini si fanno incalzanti: “Che cosa temiamo davvero ora che ci sentiamo giunti sul ciglio della Modernità, al limite quasi estremo della globalizzazione, al margine avvertito – o temuto – come invalicabile di quel mondo, di quell’ambiente, di quella natura (vogliamo chiamarlo Creato?) che per generazioni intere ci siamo illusi di poter conoscere e dominare illimitatamente mentre oggi è tornato in modo quasi inaspettato a farci paura, a rivelarsi indomito e magari invincibile? Che fare dinanzi al clima che s’impenna, ai ghiacci che si fondono, al livello del mare che s’innalza, all’aridità che avanza e che si alterna ai cataclismi?



Come agire, noialtri happy few occidentali, dinanzi alle nuove malattie create dal nostro progresso, alle nuove povertà partorite dal nostro processo di accumulo di beni che ha per secoli interi trascurato la ridistribuzione e – diciamolo – la giustizia? Come replicare a una storia che con impietoso disincanto ci mostra che noi ci siamo raccontati per secoli la fiaba di noi stessi come santi e navigatori, come inventori e scopritori, come benefattori e redentori del genere umano, mentre in realtà ne siamo stati (non solo, non sempre: ma anche) i predatori e i carnefici? Ora, il veleno è versato“.

FRANCO CARDINI: “L’ANTIDOTO ALLA PAURA È LA SOLIDARIETÀ”

Potrebbe sembrare una riflessione amara, senza sbocchi, ma l’antidoto c’è, “è l’insieme delle nostre energie spirituali e culturali accumulate nei secoli e accompagnate dalla scoperta finale, totalizzante, della vera chiave di volta di tutto, quella indicata dal Papa: la solidarietà umana, la soluzione dei nostri problemi attraverso quella dei problemi dell’umanità intera. Prosperi ci ripete con Orazio che per sfuggire all’angoscia della fine individuale è necessario ripeterci che non omnis moriar finché l’Io di ciascuno di noi saprà riflettersi in quello di tutti gli altri“.

In conclusione della sua riflessione, lo storico Franco Cardini cita un passaggio del libro di Adriano Prosperi: “Siamo la prima generazione umana che abbia fatto tutta insieme un’esperienza collettiva del paradigma di Hobbes: la paura della morte come causa della soggezione a un moderno Leviatano. Ciò che è stato imposto dalla minaccia di morte, presenza impalpabile e invisibile veicolata dall’ambiente e da tutto quello che vi si muove, è diventato rapidamente un’abitudine, un istinto… La paura ha cancellato la fiducia, trasformando il rapporto con l’altro in una minaccia da evitare. È vero in generale che nessun uomo è un isola, ma per questo periodo – della pandemia – tutti siamo diventati tante isole. Per approdare all’altra isola si è dovuto studiare come farlo, quali segnali mandare, quali garanzie esibire che non portavamo pericoli. Per riconquistare condizioni normali di esistenza sarà necessaria una lunga risalita“.

La domanda che Cardini si pone è “come affrontare tale «lunga risalita»? Con quali mezzi, con quali strumenti, evitando quali pericoli? E come riuscir a fare in modo che nessuno tenti scorciatoie, o risalite alternative, o sentieri privilegiati percorribili solo da alcuni? Questo il vero punto, il vero problema. Non solo vincere la paura, ma evitare che ci sia chi cerchi di farsene un’alleata“.