“Scuola Bottega” è stata la prima attività dell’Opera Edimar a Padova, fin dal 1997. Allora non c’era l’obbligo scolastico e formativo dopo la terza media e si assisteva così a una situazione paradossale: i ragazzi più deboli, quelli che non avevano passione per continuare gli studi, erano i meno protetti dall’assetto dell’istruzione e della formazione; lasciati a se stessi, a trovare, nel miglior dei casi, un lavoricchio qua e là per poi, puntualmente, bruciare in qualche serata i miseri guadagni.

La scommessa di “Scuola Bottega” è stata questa: il lavoro non è l’alternativa alla scuola, è un altro modo di imparare. Imparare a trattare la realtà con responsabilità e a trovare un senso alle cose, cioè, in fondo, imparare “il mestiere di vivere”.

“Il mestiere di vivere” è il tema del percorso di formazione, orientamento e accompagnamento al lavoro dell’edizione 2010 di “Scuola Bottega”. Sì, dopo più di 10 anni, anche con la nuova legislazione sull’obbligo scolastico e formativo, c’è ancora bisogno un percorso come questo. Oggi lo chiamiamo “Percorso personalizzato”, come una “seconda chance” per non essere obbligati solo ad accettare la prima quando essa non risulta adeguata.

Ormai sono le scuole stesse che inviano i ragazzi all’Opera Edimar, perché l’alternativa al percorso scolastico e formativo scelto ma non riuscito, non sia la strada, il nulla. Sono giovani che a Scuola Bottega hanno trovato una via percorribile di risposta al proprio bisogno, grazie a un rinato interesse nei confronti della propria vita.

Come dice G.: “Qui hanno capito le mie esigenze ed è per questo che mi sono trovata bene e mi sono sentita in gioco sulle mie capacità e incoraggiata ad andare avanti per la mia strada senza alcun ostacolo ad essere me stessa”. Oppure B.: “Qui ho cominciato a vedere con occhi diversi il mondo in cui vivo, perchè ho capito che al centro ci sono io e non le cose materiali”.

È stata una sorpresa per tutti “vivere l’esperienza della ricerca del tuo io”, ritrovarsi imprevedibilmente protagonisti di un cammino di libertà e responsabilità. Dice A.: “All’inizio pensavo che le cose fossero tutte futili, ma poi mi sono reso conto che non ha senso la vita se non si è vivi dentro”. Racconta L. “Ero venuta qui solo con l’intenzione di trovare un lavoro ma ho trovato molto di più… mi hanno accompagnato per diventare donna”. Dice M.: “Avevo un’aspettativa pessima, pensavo fosse noioso come tutto ciò che avevo vissuto prima ed è accaduto invece il contrario; non c’è niente che mi abbia deluso”. Spiega D.: “Nelle scuole che ho frequentato non ho mai trovato persone che ci tengono a te… mi trattavano come una pezza da piedi… mi dicevano: ‘se hai capito bene, altrimenti affari tuoi’… Questa esperienza è meravigliosa, capisci che vali qualcosa e ce la puoi fare a raggiungere qualsiasi obiettivo”.

Attraverso attività di potenziamento delle competenze di base e trasversali, momenti di dialogo guidato sui fatti di attualità, incontri con personalità del mondo politico, economico, imprenditoriale, esercitazioni di laboratorio espressivo e teatrale, i ragazzi sono usciti allo scoperto, come mai era accaduto prima. Dice N.:“Ho imparato a sapermi esprimere bene, soprattutto parlare”. Per G., “la cosa più importante che ho imparato è stata ascoltare” Invece per A.: “con quel suo modo di parlare della vita e della realtà, scuola bottega mi ha insegnato a guardare i fatti e giudicarli, ad avere un pensiero mio… qui c’è continuo confronto, c’è condivisione e questo dà senso ad ogni giorno!”.

 

Veder sorgere il proprio io da un’esperienza è stato per i ragazzi “iniziare una nuova pagina” e per gli adulti una provocazione a lasciarsi educare. Come ha testimoniato il responsabile di Scuola Bottega al Convegno finale di presentazione dell’esperienza 2009-2010 alla città di Padova: “Ho cercato di mettere a disposizione tutto di me, perché loro mi chiedevano tutto. Mi sono visto così crescere insieme ai ragazzi. E ho capito che l’educazione non è un discorso unilaterale ma qualcosa che sorge da una vita in cui io sono inserito, che io condivido, abbraccio con i ragazzi; una vita che spartisci con i giovani in un continuo paragone per imparare ad affrontare la realtà, con tutto quello di cui è fatta; una vita che comunica un’altra vita più grande, più bella, più attraente. Quest’anno è stato tutto un sussultare di vita a scuola bottega, ed è questo che ha fatto cambiare pagina a molti ragazzi e ha sorpreso chi con loro si è implicato”.

 

O come testimonia un esponente di Confindustria: “Nelle scuole siamo noi a insegnare e i ragazzi ricevono, a Scuola Bottega abbiamo ricevuto noi dai ragazzi. Questo ci ha sconvolti”. Una delle esperienze più entusiasmanti per i ragazzi è stata la formazione in ambienti lavorativi, realizzata in collaborazione con 80 aziende del territorio. I tutor aziendali non hanno risparmiato ai ragazzi la fatica di stare alla normalità del lavoro e così ne è scaturita un’esperienza unica, come si capisce da alcune loro affermazioni ricorrenti: “Ho imparato cosa vuol dire lavorare”; “ho provato com’è il vero lavoro e questo mi ha insegnato a stare in piedi e a affrontare me stesso”; “al lavoro dò il meglio per superare le mie paure e le mie difficoltà. Non pensavo di riuscire ad arrivare fin qui”; “sono fiera di me perché sto andando incontro al mondo e mi sto facendo grande, mi prendo le mie responsabilità. ora sto per avere un lavoro ed è fantastico”; “il lavoro è una continuità e un cambiamento. Io non sono una persona perfetta ma voglio imparare. Alla fine della giornata ero così stanca che mi addormentavo. Ho accettato alla fine che la vita non è tutta farfalle. È inutile criticare, giudicare le persone. È più importante ascoltare i maestri che ho di fronte ogni giorno. Vorrei tanto essere come loro, ma ci vuole pazienza ed ancora pazienza”.

A Scuola Bottega è stato assegnato nel maggio scorso il terzo premio al concorso di Confindustria “Luci sull’Impresa” con questa motivazione: “Per aver saputo cogliere nello stage un’opportunità di motivazione sociale e di integrazione, vivendo l’esperienza come un’occasione di coinvolgimento nelle relazioni umane e di miglioramento personale”. Dei 25 ragazzi accolti al percorso 2010, il 70% si è inserito in un contesto lavorativo e il 30% ha ripreso gli studi superiori.

 

Non si può non concludere con questa lettera di A: “Quando mi hai detto del metodo ci ho pensato. Ho capito che avevi ragione. Finora ho vissuto dipendendo dagli altri in tutto, ora capisco che è a me stesso che devo guardare, è con me stesso che devo aprire una partita, è a me stesso che devo rispondere. Devo convivere con me stesso e non dipendere dagli altri. Questo è il valore aggiunto, quello per cui un altro mi può stimare o considerare, come nel film Into the wild. Tutti erano interessati a convivere con Alex perché lui conviveva con se stesso. Il punto è che devo cambiare metodo io: cominciare a prendere sul serio me stesso e farmi aiutare per non dimenticarmi di me stesso”.