Contrastare la pesca illegale, la “politica del tonno” americana

Da tempo l’amministrazione Biden si sta muovendo per contrastare l’influenza diplomatica ed economica della Cina. L’ultimo tassello della loro strategia è stato definito la “politica del tonno” e consiste in massicci aiuti economici alle aziende dedicate alla pesca del tonno nel Pacifico. Recentemente Kamala Harris, vicepresidente di Joe Biden, ha parlato durante il Pacific Islands Forum, che si tiene nelle Fiji.



La vice avvisa i 18 paesi che presiedono il forum di prestare attenzione “ai cattivi attori che cercano di minare l’ordine internazionale”, in chiaro (ma non esplicito) riferimento alla Cina e alle sue recenti manovre geopolitiche. La Harris fa ammenda, ammettendo che i paesi del Pacifico non hanno “ricevuto l’attenzione diplomatica e il sostegno” che meritavano da parte degli Stati Uniti. In campo c’è un sostegno economico di 60 milioni di dollari all’anno per 10 anni, fini a sostenere ed assistere la pesca, che rappresenta la più importante fonte di reddito dell’area, e a contrastare la pesca illegale, incentivando la sicurezza marittima e influenzando positivamente il cambiamento climatico. Il governo delle Fiji ha commentato questa decisione, dicendo che “è nata la politica del tonno”.



La “politica del tonno” per contrastare la Cina

L’intento dell’amministrazione Biden, insomma, sembra essere chiaro e la cosiddetta “politica del tonno” ha lo scopo di aumentare le influenze politiche e diplomatiche degli USA nell’area del Pacifico. A tal fine, infatti, Washington ha deciso di riaprire le sue ambasciate a Tonga e a Kiribati, da tempo chiuse per risparmiare. Inoltre, già il mese scorso l’amministrazione Biden aveva varato un memorandum di Sicurezza nazionale sulla pesca illegale e dannosa per l’ambiente, nella quale la Cina sembra essere ampiamente implicata.



Pechino, infatti, possiede quella che è ritenuta essere la più grande e potente flotta di pescherecci d’alto mare, mentre il pescato viene processato direttamente in fabbriche galleggianti al largo delle coste. La “politica del tonno” è proprio fine a limitare il più possibile questa influenza cinese nella pesca in alto mare. Ovviamente, dal conto suo, Pechino respinge ogni tipo di accusa, specialmente di sfruttamento illegale, sostenendo invece di aver sottoscritto degli accordi con i governi dell’area. Il governo USA, però, sostiene che circa un decimo del pesce che arriva sul mercato americano ha una provenienza illegale o incerta, a quanto riporta il Corriere.