Se non taglia il debito pubblico, l’Italia – pur potendo galleggiare in un declino rallentato – non riuscirà a crescere a sufficienza per assenza di spazio fiscale utile sia a investimenti modernizzanti, sia a detassazioni stimolative. Pertanto la riduzione del debito resta una priorità nonostante le buone prestazioni del Pil nel biennio 2021-22.



Tecnicamente, la dottrina economica recita che per ridurre un debito bisogna aumentare la crescita. Ma è un errore pensare che si possa stimolare crescita in condizioni di eccesso di debito senza tagliarne una parte. Al momento dal Governo filtra l'”opzione nipponica” di far detenere una maggiore aliquota di debito nazionale agli italiani, allo scopo renderlo meno vulnerabile a speculazioni e in qualche modo sterilizzarlo. Ma non sembra una soluzione forte in assenza di sovranità monetaria e ciò apre la ricerca di altre opzioni di dedebitazione. Resta l’opzione di operazioni “patrimonio contro debito”, ma l’attenzione del Governo a una soluzione dedicata agli italiani fa venire in mente un’altra idea: il prestito irredimibile allo Stato fatto da soli italiani in cambio di un rendimento annuale di lungo periodo, senza ritorno del capitale, cosa che rende l’operazione non computabile come “debito pubblico”.



Non è fantafinanza. Per esempio l’Austria ha lanciato tempo fa un prestito nazionale irredimibile di 2 miliardi in cambio di obbligazioni con rendimento per 100 anni allo scopo di non aumentare il debito pubblico nell’emergenza Covid. L’Italia esibisce un enorme risparmio liquido (mediamente tra i 1.200/1.600 miliardi), ma ci sono difficoltà nel calibrare bene tale strumento. Il principale è quello di evitare la concorrenza tra i bond di tale prestito e quelli ordinari di rifinanziamento del debito. Chi scrive, tuttavia, ritiene che si possa trovare una formula e l’ha simulata con il suo gruppo di ricerca (Stratematica): a) il taglio di debito utile è di circa 400 miliardi per spingere il debito stesso verso il 100% del Pil, soglia da cui potrà scattare equilibrio finanziario e impulso allo sviluppo; b) la durata del rendimento per il portatore del titolo in cambio alla rinuncia del ritorno del capitale prestato potrebbe essere di 70 anni; c) il rendimento annuale di tale titolo dovrebbe essere variabile, ma comunque di un punto e mezzo sopra l’inflazione; d) il titolo dovrebbe essere trasmissibile senza costi lungo l’asse ereditario, vendibile quando si vuole sul mercato e, forse, portatore di un beneficio fiscale; e) e per questo dedicato solo a cittadini italiani soggetti a Irpef.



La simulazione preliminare è risultata buona per un volume di questo prestito di circa 250 miliardi. La sensazione è che rifinendo tale prodotto finanziario e inserendo con più precisione i possibili benefici sistemici sia possibile arrivare ai 400 miliardi di taglio secco del debito complessivo e far fare bingo all’Italia. L’opzione va studiata.

www.carlopelanda.com 

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