Uno studio semplice accoglie tre ospiti illustri, gli interpreti della lingua dei segni e la conduttrice, che presenta quelli che sono i veri protagonisti: la gente comune. È questa “La Rai incontra”, nuova serie di appuntamenti di Raiplay su tematiche di attualità. Ne parliamo con Vittoria De Matteis, giornalista e sociologa di Rai per il Sociale, autrice, regista e conduttrice del nuovo programma.
Di che si tratta, esattamente?
Il progetto squisitamente di “servizio pubblico” accorcia le distanze fra il teleschermo e gli utenti, cedendo il passo – con un inchino – a loro. Pacatamente, in forma sobria e sintetica, si offrono possibilità, strutture, indirizzi e numeri utili.
Che tipo di temi affronta?
Eccone alcune: pandemia e adolescenza, come uscire dalle dipendenze, riconoscere la violenza di genere e denunciarla, percorsi lavorativi in sicurezza, terza età tranquilla, integrazione migranti…
In che si differenzia dai tanti talk show presenti nel panorama televisivo odierno?
Dai toni: sobrietà, garbo e rispetto. Non si tratta una tematica scottante soffermandosi nei particolari scabrosi, ma piuttosto proponendo percorsi concreti e gratuiti, dando il giusto tempo di parola a ognuno.
Si parla del bicchiere “mezzopieno”, quindi: ma non si corre il rischio di troppo “buonismo”?
Nostra ambizione è ridare lustro alla prima industria culturale italiana entrando nelle case dei cittadini in punta di piedi e chiedendo permesso. Nostro intento è metterci in ascolto, più che parlare, è far esprimere alle persone comuni i loro sentimenti, dubbi, domande provando a fornire risposte.
Come si inquadra questo nuovo prodotto nella Rai attuale?
Penso che la tv abbia una grande responsabilità nei confronti degli abbonati: non esistono solo i social, in casa al di là dello schermo ci sono disabili, anziani, persone fragili, che hanno diritto a una comunicazione non violenta, pacata e completa. Credo sia finito il tempo della tv strillata e volgare: vogliamo essere un esempio, vogliamo fornire esempi positivi di vita reale e resilienza. Credo sia giunto il momento di non offendere più l’intelligenza del telespettatore.
Qual è stata la prima risposta dal pubblico?
Per anni ho sentito dire da chi pensa e programma i palinsesti “diamo ciò che ci chiedono”: io non ci ho mai creduto. Io credo invece in una dirigenza che rischi osando, e intercetti gli umori dell’utenza e le loro richieste in termini di cronaca bianca, buone pratiche e notizie positive. E di questo, il pubblico, ci ringrazia.