Dopo i missili americani ATACMS, anche gli inglesi Storm Shadow hanno colpito la Russia. E la risposta di Putin non si è fatta attendere: un missile balistico intercontinentale è stato lanciato nella zona di Dnipro. Un’arma senza testata nucleare, ma che potrebbe essere attrezzata diversamente per renderla molto più potente. Il capo del Cremlino, osserva Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, ha voluto far capire fino a dove potrebbe arrivare, anche se per ora cercherà di guadagnare più territori possibili in attesa dell’insediamento di Trump. Il coltello dalla parte del manico, d’altronde, ce l’ha lui: le sue truppe avanzano e quelle ucraine rischiano addirittura il tracollo. Uno scenario nel quale Kiev potrebbe perdere persino la sua sovranità, a vantaggio non solo della Russia.
Missili ATACMS e Storm Shadow contro la Russia, un missile balistico russo contro l’Ucraina: l’escalation è già iniziata?
L’escalation l’abbiamo voluta noi. Per lanciare ATACMS e Storm Shadow sulla Russia occorre personale americano e britannico che li gestisca. Se fossero SCALP, sarebbe necessario personale francese. Si tratta di armi in dotazione all’esercito ucraino ma gestite da personale dei Paesi che le hanno fornite. E i missili vengono guidati sui bersagli dal supporto satellitare statunitense. L’escalation l’hanno determinata gli angloamericani, che negli ultimi vent’anni ci hanno trascinato nelle peggiori avventure che, guarda caso, hanno sempre destabilizzato l’Europa e gli interessi europei.
Colpa dell’Occidente, quindi?
Il coinvolgimento diretto dell’Occidente è talmente evidente che Scholz ha sempre rifiutato di consegnare i missili da crociera Taurus all’Ucraina, perché avrebbe dovuto mandare anche truppe tedesche: un po’ perché gli ucraini non sono addestrati, un po’ perché non sono nella NATO, un po’ perché, lasciando i missili a Kiev, ne avrebbe perso il controllo.
Qualcuno dice che questa è anche la risposta all’escalation innescata dai russi chiamando a intervenire i nordcoreani. È così?
Chi dice questo mente sapendo di mentire: i nordcoreani sono arrivati adesso e non si sono ancora visti in prima linea, ma ci sono migliaia di volontari tedeschi, francesi, svedesi, britannici, americani e polacchi che sono andati a combattere con gli ucraini anche sul territorio russo. Il trattato fra Russia e Nord Corea può non piacerci, ma ha lo stesso valore legale di quello che ha fatto nascere la NATO: prevede che il Paese che subisce un attacco venga aiutato dall’altro. Non a caso, i nordcoreani sono intervenuti a Kursk e non in Ucraina. I 10mila soldati nordcoreani, poi, hanno un valore militare irrilevante in un contesto che vede 700mila soldati russi schierati.
Insomma, l’escalation è tutta farina del sacco occidentale?
L’ha voluta l’amministrazione Biden per riempire di mine il sentiero stretto che Trump vuole percorrere per cercare un accordo con Putin. I russi sono in guerra e la stanno vincendo; se vogliamo impedirglielo possiamo farlo: mandiamo 300mila uomini della NATO ad affiancare gli ucraini. I missili non cambieranno niente: sono pochi, hanno un raggio d’azione limitato e i russi ne abbattono tanti. Servono solo a complicare la strada a un accordo.
L’ipotesi di trattative di pace, comunque, non è stata abbandonata: per Trump è la strada maestra. Quali sarebbero, in questo caso, le richieste dei russi?
Trump vorrebbe usare i duecento miliardi di dollari spesi per l’Ucraina per welfare e infrastrutture per gli americani. Le richieste di Putin sono sempre state quelle dall’inizio della guerra: il riconoscimento che la Crimea e le quattro regioni che la Russia si è annessa con quel referendum autoreferenziale sono territorio russo; inoltre, l’Ucraina resta sovrana ma neutrale, non entra nella NATO, non ospita soldati stranieri e non ha armamenti offensivi per minacciare i russi.
Richieste che, se il conflitto si allarga, dovranno essere messe da parte lasciando la parola alle armi?
Putin cercherà di non cadere nelle trappole che Biden sta seminando. Tra l’altro, senza metterci la faccia. A parte la vergogna di un’amministrazione uscente che mina quella subentrante, come fece Obama quando Trump vinse la prima volta autorizzando le basi missilistiche in Polonia e Romania per tenere sotto tiro la Russia, c’è da notare, infatti, che nessun esponente dell’amministrazione USA ancora in carica è andato davanti alle telecamere a dire che gli Stati Uniti hanno autorizzato gli ucraini a usare gli ATACMS. Austin (il capo del Pentagono, nda) non ha parlato dei missili, e Biden al G20 si è rifiutato di rispondere a domande su questo tema. Dà l’idea di come si siano ridotti, a livello di credibilità, in Occidente.
Neanche l’Europa sta dicendo granché.
Eppure, se i russi risponderanno, non lo faranno oltre Atlantico, ma qui. Il missile balistico è caduto in Ucraina, non nel Kansas: possibile che nessuno in Europa chieda spiegazioni? C’è da chiedersi in che mani siamo, non solo in America. Questo è il problema vero.
Ma Putin cosa farà, userà davvero le armi nucleari?
L’attacco con il missile balistico intercontinentale è un segno di deterrenza: usare un missile che può colpire a migliaia di chilometri di distanza per prendere di mira l’Ucraina è uno spreco, perché è un’arma nata per la guerra nucleare. Tuttavia, è una risposta simbolicamente importante. Putin ha evocato la sua nuova dottrina nucleare, che già oggi permetterebbe a Mosca di rispondere. Ha usato un’arma classica della rappresaglia nucleare.
Potrebbe arrivare a conseguenze estreme?
Il suo obiettivo, fino a che non si insedia Trump, sarà di conquistare più terreno possibile, magari provocando il tracollo dell’Ucraina in qualche area del fronte. I missili ATACMS, d’altra parte, sono armi che, a detta anche di analisti vicini all’attuale amministrazione americana, non cambieranno la situazione. Putin aspetterà Trump per confrontarsi con lui. Per allora potrebbe trovarsi in una posizione ancora migliore di quella attuale: i russi stanno avanzando e lo stesso Zelensky ha annunciato la necessità di una dolorosa ritirata.
Zelensky ha anche detto che non potrà sacrificare altri uomini per la Crimea, ma che potrebbe riguadagnarla diplomaticamente: cosa ha in mente?
Sono tutte chiacchiere, ma in guerra le chiacchiere stanno a zero. Se gli ucraini crollano, non ci sarà nessun negoziato che potrà permettere loro di conservare qualcosa. Se l’esercito di Mosca entra a Sumy e Kharkiv, le pretese russe potrebbero essere molto più ampie.
Cosa può pensare di ottenere l’Ucraina?
Credo che possa accontentarsi di mantenere la sua sovranità, di esistere come Stato: è meglio che accetti subito di negoziare. Se ci fosse un tracollo e uno sfaldamento dello Stato, allora i russi potrebbero dilagare a Dnipro e in altre regioni, e anche altre nazioni, come Polonia, Romania e Ungheria, potrebbero guardare a certi territori che una volta erano entro i loro confini. L’Ucraina avrebbe dovuto accettare il piano di pace turco dopo due mesi di guerra: prevedeva il Donbass autonomo, la Crimea russa e il ritiro dei soldati di Putin in cambio di Kiev fuori dalla NATO. Gli occidentali lo impedirono.
Bisogna sostituire Zelensky per arrivare alla pace?
Quando si sottoporrà a elezioni sarà scalzato dalla presidenza: ha evitato il voto perché lo avrebbero battuto. Anche l’Europa ha sempre detto che sarà l’Ucraina a scegliere come e quando trattare, ma tutti vogliono dire la loro in un negoziato che ancora non c’è. Putin ha detto che discuterà con Trump, non con Zelensky. D’altra parte, il coltello dalla parte del manico ce l’ha lui: chi vince in battaglia detta le regole, soprattutto se gli USA hanno già raggiunto il loro obiettivo, quello di azzerare l’Europa e renderla completamente loro vassalla.
(Paolo Rossetti)
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