Il Sussidiario mi ha mandato da leggere il lungo intervento di Vladimir Putin, “rigorosamente” in lingua originale. Su quanto detto, trentun pagine fitte fitte, si potrebbero scrivere diversi articoli. Mi limiterò a qualche osservazione, lasciando agli specialisti di affrontare alcuni temi particolari.
Innanzitutto bisogna dire che è vero che Putin non parla di guerra. Parla di “operazione speciale”, ma nella lingua russa l’aggettivo tradotto da noi come “militare”, voiennaya, ha già dentro il termine voina cioè guerra. E in effetti il discorso del presidente della Federazione Russa è un vero e proprio progetto di guerra, di guerra globale, non tanto conto l’Ucraina, quanto contro tutto il mondo corrotto dell’Occidente.
Certo, parla della questione militare, delle armi, delle armi sempre più tecnologicamente avanzate, quelle, traspare tra le righe, che l’esercito russo non ha ancora imparato ad usare. E questo spiega il gran numero di vittime di cui Putin è costretto ad occuparsi di fronte ad una società che vede morire a migliaia i propri figli. Di qui i riferimenti non solo quelli scontati alla gloria degli eroi, ma anche alla necessità di sostegno economico delle loro famiglie.
Putin non dice che questo numero enorme, non preventivato, di caduti è anche dovuto al fatto che alla fine i russi, per pensare di vincere, sono ricorsi alla vecchia strategia militare sovietica: più ne mandiamo al massacro meglio è, tanto, alla fine, ne rimarranno sempre un po’ per vincere.
Già, per vincere. Ormai è evidente che la parola pace è praticamente assente, mentre tutto è in funzione della vittoria, come dice la denominazione del fondo nazionale: Vsiò dlya pabieda, “tutto per la vittoria”.
Poche righe, per la verità, vengono lasciate alla polemica con l’immoralità nel campo familiare-sessuale dell’Occidente, di cui hanno voluto parlare in termini preoccupati diversi nostri commentatori, forse di ritorno dal Festival di Sanremo. Del resto, pare che in questo campo anche il signor Putin non abbia nulla da invidiare a qualche suo amico di casa nostra.
Piuttosto mi sembra molto interessante la seconda parte del discorso, molto estesa, in cui il presidente della Federazione Russa sembra prefigurare un modello di sviluppo economico alternativo a quello occidentale.
Partendo dall’osservazione che le sanzioni hanno fatto più male a noi che alla Russia, prefigura un’immagine dell’economia dove certo c’è l’iniziativa privata, ma sotto il rigido controllo dello Stato. Questo anche, e soprattutto, per quanto riguarda gli investimenti della finanza. Che bisogno c’è di capitali esteri e di investimenti all’estero se occorre essere da una parte liberi dai loro ricatti e dall’altra occorre finanziare l’ammodernamento delle strutture industriali nazionali? Se poi è proprio necessario allargare il mercato, soprattutto quello dell’export di materie prime, come gas e petrolio, c’è la possibilità di uno sviluppo col mercato definito asiatico-oceanico, con i Paesi del quale la Federazione Russa sembra avere ottimi rapporti.
Lascio la questione a specialisti più competenti di me, come dicevo all’inizio, ma personalmente questa visione dell’organizzazione economica della società nazionale mi richiama immediatamente quella del Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori (Nsdap). E se i nuovi “nazisti” non fossero soltanto, come più volte ripete Putin, quelli del governo di Kiev?
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