Russia annuncia il ritiro dal Kherson

Nella giornata di martedì la Russia ha deciso di ritirarsi dalla città di Kherson, lasciandola di fatto in mano all’esercito ucraino e riposizionando l’esercito sulla sponda orientale del fiume Dnipro. La notizia era stata data sua dal comandante delle truppe russe, Sergei Surovikin, e dal ministro della difesa Sergei Shoigu. La ragione sarebbe, invece, stata legata all’impossibilità da parte della Russia di resistere all’offensiva ucraina nell’area, e segnerebbe un’importante vittoria per l’esercito di Zelensky.



La regione e la città di Kherson erano state occupate all’inizio del conflitto dalla Russia, mentre ora la ritirata sembra scombinare la carte in tavola. Da settimane, infatti, la tensione era palpabile nella regione, con l’esercito ucraino sempre più vicino alle porte della città, mentre la Russia sembrava un po’ barricarsi ed un po’ indietreggiare. Dal 19 ottobre l’esercito di Putin aveva iniziato ad evacuare i civili nell’area ed era iniziata già a ventilare l’ipotesi che potessero ritirarsi da lì a poco, sfruttando l’importante barriera naturale che il fiume rappresenta.



Perché la regione del Kherson era importante per la Russia e l’Ucraina

Insomma, la decisione di lasciare la regione del Kherson per la Russia non avrebbe stupito così tanto i commentatori internazionali, anche se sembra essere l’ennesimo chiaro segnale delle difficoltà di Putin nel mantenere il piatto della bilancia del conflitto pendente a suo favore. Simbolicamente la città di Kherson rappresentava per la Russia un importante fregio, simbolo della loro missione nell’area, ma era anche a tutti gli effetti una delle città più importanti ed essere state occupate.

Inoltre, il Kherson è piuttosto vicino alle città portuali di Mykolaiv e di Odessa, obiettivi della Russia fin dai primi giorni di conflitto, segnale questo che forse la missione speciale di Putin sta venendo ridimensionata, magari tralasciando alcuni obiettivi originali per concentrare gli sforzi altrove. Infine, la città di Kherson risulta anche piuttosto importante per l’Ucraina, perché è sede di parecchie infrastrutture idriche, tra acquedotti e canali, collegati anche alla Crimea. Questo, per l’Ucraina, otterrebbe un doppio effetto, sia sul controllo degli afflissi di acqua potabile in Ucraina, che sugli acquedotti della Crimea, che potrebbe essere lasciata a secco (fatto che, evidenzia ilPost si è già verificato nel 2014).



I motivi della Russia per lasciare il Kherson

Compresa l’importanza strategica, militare ed anche simbolica del Kherson apparirà più semplice capire come mia la ritirata delle truppe della Russia possa essere interpretata come un segnale chiaro e preciso di una condizione che, forse, Putin a febbraio non si aspettava. Tuttavia, la guerra che a breve raggiungerà un anno di durata, ha dimostrato che poche volte le cose sono come appaiono dall’esterno (e dall’estero). Dietro alla decisione russa di ritirarsi ci sarebbero delle motivazioni concrete, parte di un progetto presumibilmente più grande, e non solamente una scelta fatta in un momento difficile.

Innanzitutto, dietro alla liberazione del Kherson da parte della Russia potrebbe nascondersi un segnale distensivo, che potrebbe magari riaprire alle trattative, anche se queste sono attualmente escluse categoricamente da Zelensky. Similmente, potrebbe anche solo trattarsi di una trappola militare, una strategia per “attirare” l’esercito ucraino, chiudendolo e compiendo un massacro (tesi sostenuta dal capo dell’Ufficio della presidenza dell’Ucraina Michajlo Podoljak su Twitter, ed avvalorata anche in parte dell’evacuazione dei civili organizzata proprio dalla Russia). Infine, dietro alla scelta di abbandonare il Kherson potrebbe esserci anche la volontà di risparmiare parte dei soldati russi, in gravi carenze numeriche nell’ultimo periodo e destinati (probabilmente) a perire in un attacco su larga scala ucraino alla città.

Non meno trascurabile, in ultimissima istanza, è anche l’ipotesi che la Russia abbia lasciato la città e l’area del Kherson esclusivamente per scopi propagandistici. Dimostrare, insomma, alla comunità internazionale che sono in difficoltà, ma che sono disposti a fare un passo indietro (nuovamente, anche qui si potrebbe inserire la scelta di evacuare i civili), piuttosto che sacrificare persone e risorse.