Padri e figli sono al centro dello spettacolo che Paolo Cevoli, uno dei maggiori comici italiani, uscito da Zelig, poi autore di molti spettacoli teatrali e anche un film, Soldato semplice, presenta quest’anno al Meeting di Rimini, dopo il grande successo di cinque anni fa con Perché non parli. Si intitola La Sagra Famiglia, “un dramma della nostra epoca”. Al centro ci sono figure di padri storici da Edipo a Ulisse fino ad arrivare a Dio in persona con Mosè e il popolo ebraico e ovviamente la “sacra famiglia”, Maria, Giuseppe e Gesù. “Nello spettacolo io indosso i panni del figlio, parlo del rapporto con mio padre e dell’idea della figliolanza”, ci ha detto Paolo Cevoli in questa intervista. Il tutto, ci tiene a dire, facendo ridere e “non facendo un trattato psicologico”. Uno spettacolo, spiega ancora, che ha al centro la figura di suo padre, a cui si rivolge per tutto il tempo, “un uomo che mi ha insegnato la libertà togliendo le rotelle dalla bicicletta e lasciandomi andare”. Spettacolo che si terrà oggi alle ore 21,30 in Piazza Tre Martiri a Rimini.



Tra le tante figure di padre che presenti sul palco ce ne è una particolarmente impegnativa, Edipo. Come lo hai affrontato?

Affrontando il tema della psicanalisi in modo molto ironico, prendo un po’ in giro coloro che sono convinti che i traumi infantili li segnino per tutta la loro vita adulta. Parlo molto della cultura greca e dei padri che ci hanno formato.



Tu sei padre e anche figlio, come hai unito questi due aspetti?

Il filo conduttore dello spettacolo è mio papà, che paragono a questi grandi personaggi. La scenografia è un banchetto di una scuola elementare e una lavagna. Parto dalla mia maestra, che ci ha fatto fare per un mese aste e tondini, che poi diventano “Io”, che è anche il tema del Meeting.

Infatti, in questo modo ti connetti con il tema del Meeting, “Il coraggio di dire Io”?

Sì, partendo da una astina e un tondino ognuno cerca la sua stanghetta e il suo tondino, il suo io.

C’è poi il personaggio di Mosè. Il Dio dell’Antico Testamento era un Dio, un padre, piuttosto severo, anche punitivo, sei d’accordo?



Il Dio dell’Antico Testamento è un padre perché accoglie le lamentele del suo popolo per 400 anni, durante i quali hanno mangiato pane e cipolle tutto il tempo. Oltre che arrivare alle sue orecchie le lamentele, è arrivata al suo naso anche la puzza di cipolle, non ne poteva più e ha detto loro: andate via se no impestate il Paradiso. Interviene portandoli nel deserto per 40 anni: queste due cose, il deserto e i 40 anni, sono le due cose che Dio ha usato come metodo per far diventare adulto il suo popolo.

C’è poi il figliol prodigo, un autentico teppistello che nonostante tutto viene perdonato dal padre.

Infatti la moglie è furiosa con il marito, perché dice che non avrebbe dovuto dargli tutti quei soldi e che quando è tornato a casa avrebbe dovuto metterlo in castigo. Invece questo ammazza il vitello grasso e fa festa. Rendo protagonista la mamma in questo episodio.

E poi la Sacra Famiglia. Da quello che leggiamo nei Vangeli Gesù da bambino era un bel tipetto, uno che metteva in riga i genitori…

Già, un vero discolo. Mi piacerebbe vedere la sua pagella, mi sa che in condotta non aveva un bel voto. Li riporto ai giorni nostri.

Parlando di noi invece, siamo stati figli che non vedevano l’ora di andarsene di casa, adesso siamo padri che vedono i loro figli andarsene e tanti saluti. Come rimane in piedi nel rapporto tra padri e figli?

Il rapporto non finisce mai. Con il mio babbo ancora oggi lo sento padre, in questo spettacolo è il protagonista, tutte le sere lo evoco e lo racconto. Il rapporto con i figli grandi è una cosa molto bella, è tutto da scoprire, non puoi più dire loro cosa fare. Al centro è la libertà, è quello che dico per tutto lo spettacolo: il mio babbo mi ha insegnato tutto togliendomi le rotelle dalla bicicletta, sostenendomi e guardandomi andare via.

(Paolo Vites)

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