Egregio direttore,

“Paperon de’ Paperoni” Schlein (senza offesa o riferimento alla situazione economica del segretario del Pd), dopo che i suoi ministri della Salute (Balduzzi, Lorenzin, Speranza) hanno governato per più di 10 anni la sanità del nostro Paese, si è svegliata dal sonno (ma in che mondo ha vissuto in questi anni?), “è scesa dal pero” avrebbe detto mio papà fruttivendolo, e ha scoperto che la sanità ha bisogno di una legge di riforma. Bella scoperta, direbbe chiunque, ma non poteva pensarci prima (lei o chi per lei) quando, essendo al governo, aveva tutti gli strumenti (a cominciare dal ministero) ed il potere per proporre qualsiasi iniziativa?



Oh, attenzione: ben vengano dalla Schlein e dal Pd proposte in tema di sanità, perché aggiungerebbero argomenti e visioni alle tante che sono già sul tavolo, confermando la necessità più volte ribadita da queste colonne che dopo oltre 45 anni di vita il SSN ha bisogno di molto di più che qualche rappezzo, ma l’età ci dice che (purtroppo o per fortuna) non siamo nati ieri (e neppure l’altro ieri, considerato che eravamo già adulti quando abbiamo visto nascere il SSN) e l’esperienza maturata ci permette di “distinguere il grano dal loglio”.



Basta però cincischiare (ci sarà tempo e occasione per tornare su queste valutazioni) e proviamo ad entrare nel merito della proposta avanzata dalla Schlein (e dai colleghi che l’hanno firmata) osservando da subito, come dice del resto il titolo della proposta di legge incardinata in commissione Affari Sociali della Camera (“Disposizioni per il sostegno finanziario del Servizio sanitario nazionale in attuazione dei principi di universalità, eguaglianza ed equità”), che non si tratta di una riforma (di cui c’è bisogno) ma di rappezzamenti su un paio di argomenti.

Per brevità lascio ai giuristi il compito di analizzare il discutibile linguaggio con cui è formulata la proposta di provvedimento (discussione che ha già sollevato critiche non solo nelle audizioni di esperti che si sono già tenute, ma anche sulla stampa quotidiana) ed entro nel merito dei due argomenti principali che hanno trovato declinazione in quattro brevi articoli.



Nell’art. 1 c’è il cuore della proposta, che è quello di arrivare entro il 2028 ad un finanziamento del SSN che corrisponda al 7,5% del PIL nominale, con il corollario (art. 2) di sbloccare la spesa per il personale sanitario che è tutt’ora bloccata. Dove trovare le risorse (la cosiddetta copertura finanziaria) per il provvedimento? Lo spiega l’art. 4 dove si dice: “si provvede a valere sulle maggiori risorse derivanti dalla crescita economica prevista dai documenti di programmazione economica e finanziaria”. E se la crescita non garantisce le risorse necessarie alla copertura finanziaria che si fa? Niente paura (sempre art. 4): “vengono individuati e resi operativi meccanismi e misure aggiuntive di contrasto dell’evasione ed elusione fiscale e contributiva”. Tradotto per quelli come me che non solo non hanno vinto il premio Nobel per l’economia ma non hanno nemmeno i requisiti minimi per partecipare al concorso: soldi non ce ne sono e non si sa nemmeno dove andarli a prendere.

Ecco da dove nasce l’idea di Paperon de’ Paperoni che ho attribuito alla Schlein, perché o trova un miliardario disposto a devolvere parte delle sue fortune al servizio sanitario, oppure addio sogni di gloria. Ma allora, se tanto non c’è copertura finanziaria, perché limitarsi ad una proposta così “modesta”? Perché fermarsi al 7,5%? Visto che si vuole alzare l’asticella, perché non puntare più in alto, all’8% o 9%, e tentare il record del mondo o almeno (vista la presenza degli USA) quello europeo, tanto paga Paperone, che i soldi li ha ma è anche piuttosto tirchio. E a proposito di tirchieria si vede che la Schlein ed i suoi aiutanti e consiglieri probabilmente non leggono Il Sussidiario, altrimenti sarebbero perfettamente informati su chi ha tolto i soldi dalla sanità in questi ultimi 15 anni: già, ma un conto è stare al governo e dover far quadrare i conti ed un altro è stare all’opposizione (dove si può dire quello che si vuole perché tanto non si paga dazio).

Faccio notare che non sono il cattivone di turno mosso da chissà quali oscuri interessi, perché molto critico è stato fin da subito Il Sole 24 Ore, che di conti se ne intende certamente di più del sottoscritto e che così si è espresso: “è del tutto ovvio che definire le coperture finanziarie necessarie per arrivare al 7,5% del PIL è impresa colossale e non può che ipotizzare strumenti finanziari tanto generici quanto aleatori”, e con riferimento al contrasto dell’evasione ed elusione fiscale aggiunge “nulla di più generico e, onestamente, irreale in un paese che ha un’economia sommersa spaventosa che non solo non si riesce a governare ma non si ‘vuole’ toccare”.

Passiamo al secondo argomento della proposta Schlein, il governo dei tempi di attesa (art.3), declinato in quattro azioni: l’indizione di procedure concorsuali straordinarie per il personale sanitario, un sistema di prenotazione unico regionale, il ricorso alla libera professione intramuraria (ALPI) in caso di impossibilità a garantire l’erogazione della prestazione entro i tempi stabiliti dal PNGLA (attività già prevista del resto dal d.lgs. 124/1998), e la pubblicazione sul sito internet della situazione aggiornata dei tempi di attesa; oltre all’affido ad AGENAS del compito di coadiuvare e indirizzare le politiche regionali in materia.

Fosse così semplice e bastassero queste quattro azioni per risolvere il problema dei tempi di attesa saremmo tutti contenti di avere trovato “l’uovo di Colombo”: purtroppo la realtà è ben diversa e mi sembra che l’uovo, ammesso che ci sia, è ben lungi dall’essere stato trovato, anche con iniziative ben più profonde ed articolate di quelle previste all’art. 3 della proposta Schlein, che su questo argomento finisce per essere un semplice specchietto per le allodole.

Fin qui gli argomenti dei 4 articoli della proposta Schlein, ma merita ancora un ultimo commento il titolo del progetto di legge laddove dice: “in attuazione dei principi di universalità, eguaglianza ed equità”. Premesso che la citazione di questa terna di principi rappresenta quasi un obbligo se non si vuole che qualsiasi proposta venga tacciata di distruggere il servizio sanitario nazionale, è curioso osservare che nessuna di queste tre parole (o loro varianti) compare nel testo della proposta di legge. Non che la applicazione dei tre principi dipenda dal numero di volte che essi sono citati in un testo o un documento, ma la constatazione che essi non compaiono in nessuno dei quattro articoli della proposta Schlein mi sembra più che sufficiente per dire che la proposta stessa non abbia nulla a che fare con l’attuazione dei principi di universalità, eguaglianza ed equità.

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