A dispetto di tutte le epiche “cavalcate” rese celebri (anche) dal film di Francis Ford Coppola, “Die Walküre” (La Walkiria), l’opera che aprirà la stagione scaligera il 7 dicembre, ruota interamente intorno a due temi: l’amore ed il Destino. La mitografia wagneriana ha spesso dimenticato, in nome di una “purezza” di concezione tutta germanica, che dietro i significati simbolici (stratificati e plurivalenti, come si diceva un tempo) c’è per l’uomo e per il compositore Wagner il desiderio di narrare una storia che, beethovenianamente, arrivi “dal cuore ai cuori”. La bellezza e la potenza icastica della “Walkiria” stanno a testimoniare questo fin dall’apertura dell’opera con l’impressionante Sturm che occupa tutto il Preludio.
E’ una tempesta che (come nella VI Sinfonia dell’amato Beethoven) Wagner considera come proiezione esteriore dei conflitti interni del protagonista, Siegmund (figlio del dio Wotan), il cui tema, appena variato, risuona affidato incessantemente agli strumenti gravi dell’orchestra. Ancora una volta l’Autore parte dal cuore del problema umano: Siegmund fugge dai suoi inseguitori ma è, inconsapevolmente (fatalmente), condotto alla casa di Sieglinde che, pur essendo sua gemella (i due sono inconsapevoli del fatto), diverrà la sua compagna e la madre dell’Eroe (Siegfried) che sarà una pedina essenziale nello svolgersi successivo delle vicende narrate dalla Tetralogia (la “giornata successiva alla “Walkiria” si intitola proprio “Siegfried”).
Se però in questa prima parte dell’opera assistiamo a una rappresentazione senza ombre e senza confusioni di ruoli (Siegmund è l’eroe impavido, Sieglinde la donna che lo riconosce come il “grande amore” e Hunding, marito di Sieglinde, il “cattivo” che ha costretto la donna a sposarlo) è nel secondo e nel terzo atto che la vicenda assume tratti di intensa umanità. Pur celati dietro lo schermo mitico infatti Brunhilde (la Walkiria del titolo) e suo padre Wotan (il re degli dei nordici) intrecciano un rapporto in cui l’amore, la pietà ed il dovere entrano in drammatico conflitto. Un padre e una figlia si fronteggiano consapevoli di ciò che li lega ma anche dei rispettivi, differenti modi di “leggere” le vicende mondane.
Brunhilde vuol far prevalere le ragioni dell’amore salvando il frutto del rapporto incestuoso tra Siegmund e Sieglinde (rapporto che per gli dei deve essere punito) mentre Wotan, consapevole della potenziale eco cosmica di ogni atto, dopo aver causato la morte di Siegmund condanna la Walkiria a un destino tremendo: verrà addormentata e diverrà (lei, una vergine guerriera e impavida) preda del primo uomo che la risveglierà.
Brunhilde implora il padre di circondarla almeno di una cintura di fuoco impenetrabile: solo un eroe che non conosca la paura potrà così sottrarla al magico sonno e farla sua. Qui tutto l’epos wagneriano si ripiega nel dolcissimo bacio attraverso il quale un padre addormenta la figlia, amata anche se ripudiata, e tutto diviene specchio dei sentimenti di Wotan il cui animo, diviso tra amor paterno e dovere di re, si esprime con umanissimi accenti.
In tal senso la didascalia dell’Autore (e con lei la musica che attinge qui il sublime) ci dice tutto:
[Wotan] bacia lungamente sugli occhi [la figlia]. Ella ricade all’indietro con gli occhi chiusi, dolcemente esaurendosi, tra le sue braccia. Egli la guida con tenerezza a giacere su un basso tumulo muscoso, sopra il quale si protende un abete dai grandi rami. Egli la contempla e le chiude l’elmo: il suo occhio indugia quindi sulla figura della dormiente, ch’egli ora ha coperto interamente col grande scudo d’acciaio delle Walkirie. – Lentamente si ritrae volgendosi ancora una volta con sguardo doloroso – Quindi avanza, risoluto e solenne, nel mezzo della scena, e volge la punta della sua lancia contro un gigantesco macigno.
Poi sarà il fuoco e la lunga attesa dell’Eroe. Ma la ferita del cuore di Wotan, come quella di ogni padre che perda un figlio, non si potrà più rimarginare.
Il testo in tedesco dell’addio di Wotan a Brunhilde
La traduzione in italiano dell’addio di Wotan a Brunhilde