Ezio Bosso è morto un paio di giorni dopo l’infelice dichiarazione del premier Giuseppe Conte che annunciava “la concessione” di qualche soldo agli “artisti che tanto ci fanno divertire”. Alla quale, va detto, ha aggiunto “e che ci appassionano”. Giuseppe Conte passerà alla storia, forse, per altri meriti, essersi trovato a guidare una nazione durante la crisi più devastante dopo la Seconda guerra mondiale, non certo per le sue capacità oratorie. Una frase infelice ma che la dice lunga di come l’arte in generale sia vista come “divertimento, passatempo”, qualcosa che ci distrae dalla noia quotidiana e basta. Ezio Bosso diceva invece che la musica lo aveva salvato, lui, colpito da una gravissima malattia degenerativa che avrebbe lasciato chiunque altro nello sconforto, oppure a compiere uno di quei viaggi della morte in Svizzera che tanti ormai fanno.
Lo diceva già Lou Reed cinquant’anni fa in una sua nota canzone: “Non crede a quello che ha sentito, ehi, per niente lei inizia a ballare con quella musica raffinata sai, la sua vita è stata salvata dal rock and roll, sì, dal rock and roll, nonostante tutte le amputazioni sai, potresti ballare con una stazione radio rock and roll”.
Ezio Bosso, musicista classico (benché avesse cominciato a far musica in un gruppo rock, gli Statuto) ballava con la musica, il volto risplendente in un magnifico sorriso di gioia nonostante la sofferenza fisica. Ezio Bosso era un uomo “amputato”: un tumore al cervello aveva devastato il suo corpo, ma, diceva, “sono un uomo con una disabilità evidente in mezzo a tanti uomini con disabilità che non si vedono”. Già, siamo tutti disabili ma ce lo nascondiamo a noi stessi e agli altri, rifiutiamo di riconoscerci tali, perché reagiremmo con disappunto, rabbia, dolore. Solo la musica, la voce del cuore di Dio, ci salva e ci permette di essere noi stessi. A meno che non la ascoltiamo “per divertirci”: “la musica è un bisogno primario”, diceva Ezio Bosso. Cioè, senza musica, non siamo uomini. Con la musica invece ci avviciniamo, seppur a tentoni, alla nostra essenza generativa.
Ogni giorno muoiono tante persone, lo vediamo in questo periodo di pestilenza, ma quando muore un artista tutto il mondo è più povero. Loro, gli artisti, non sono qua per farci divertire, ma per portare sulle loro spalle il peso della nostra ignoranza, del nostro egoismo, della nostra maleducazione e del nostro cinismo e per dirci che invece la vita è bella, ci dicono che la vita va goduta tutta, attimo dopo attimo, cercando sempre quelle cose anche piccole che diventano pietre angolari per una esistenza comunque felice.
“La musica ci cambia la vita e ci salva. Le persone che vengono ospiti da me, entrano da personaggi e escono da persone. La bacchetta mi aiuta a mascherare il dolore e non è una cosa da poco”. La sera dello scorso Natale si era esibito a Rai3 suonando Cajkovskij e Mozart. Il Teatro dell’Unione di Viterbo aveva ospitato il maestro con l’Orchestra Filarmonica, da lui fondata, arricchita per l’occasione dai giovani dell’Orchestra Filarmonica di Benevento e il Coro Filarmonico Rossini di Pesaro. “Ascoltate a tutto volume il nostro concerto, dobbiamo disturbare i vicini e riempire l’Italia di questa musica meravigliosa. La nostra forza sarà la televisione, ma non in casa, deve uscire dalle case. L’arte e la bellezza sono contagiose: così cambieremo il mondo”.
Ha dovuto combatterete per entrare nel mondo della musica “colta”, ancora oggi molto razzista e di élite: guardavano il fatto che era figlio di operai. Diceva: “Ho combattuto il pregiudizio. Fin da bambino ho lottato col fatto che un povero non può fare il direttore d’orchestra, perché il figlio di un operaio deve fare l’operaio, così è stato detto a mio padre”.
La musica, che espressione l’immensa della grandezza del cuore umano. Ezio Bosso ce lo ha testimoniato: “Credere nella musica non è unicamente un processo di allegria ma è un processo faticoso che, a volte, ti consuma. Lasciarsi guidare dalla musica è anche un gesto di umiltà, riconosci la grandezza dell’altro e diventi grande insieme a lui”.
Aveva una forza straordinaria, Ezio Bosso, che non veniva da lui, ma da oltre lui. Come ha detto il regista Wim Wenders, “Senza rock’ n’ roll niente sogni. Senza sogni niente coraggio. Senza coraggio nessuna azione”. Lui è stato coraggioso.