Da dove si parte ad analizzare una partita così? Forse dal terzo minuto di gioco, come l’ordine cronologico suggerirebbe, e dunque da Lamela che si beve la difesa azzurra come fosse composta da giovincelli alle prime armi per poi trovare il primo errore di De Sanctis da anni a questa parte. O forse dai rapporti di causa (gol incredibilmente divorati) ed effetto (l’inevitabile cinismo della Roma). La verità è che analizzare partite del genere è difficile se non impossibile. Soprattutto quando sei dalla parte sbagliata, quella che esce a testa bassa dal confronto. Da quella che assiste incredula prima ai fattacci del terzo minuto, poi all’errore di Hamsik, solo con una porta spalancata da timbrare che, d’improvviso, si fa indescrivibilmente microscopica. Con la stessa incredulità che ti accompagna quando Lavezzi conferma per l’ennesima volta il suo scarso feeling con le reti avversarie cogliendo un palo lì dove ci sarebbe solo da sfondare la porta per ripartire, da quell’1 a 1 che sarebbe ampiamente meritato.
La Roma non ruba niente, sia chiaro, ha semplicemente il merito di concretizzare meglio le occasioni che le capitano e le si concedono. Per questo Osvaldo non stupisce nessuno, se non la difesa azzurra, quando al quarto d’ora della ripresa firma lo 0-2 che un anno fa sarebbe stato sinonimo di rimonta e che quest’anno è invece solo amarezza. Certo, si potrebbe anche dire che all’appello manca un gol di Cavani, ingiustamente annullato per un sospetto fallo in attacco di Maggio, ma non basta a descrivere e giustificare la sconfitta. Perché per vincere bisogna fare gol e la Roma ne realizza 3 (diciamo 2 ½), mentre il Napoli fa incetta solo di rimpianti e urla strozzate in gola. E sotto la pioggia del San Paolo, a rendere ancora più amara la serata azzurra, arriva anche l’infortunio muscolare per il Pocho che ci priva, oggi di un po’ di vivacità, domani (chissà per quanto) di una delle pedine più importanti nello scacchiere di Mazzarri. Per fortuna si avvicina il Natale ed una sosta che si spera possa servire a ricaricare le batterie, prima c’è però il Genoa, ancora sotto i riflettori del San Paolo. Una partita che vorremmo tutti si rivelasse utile per rendere un po’ meno amare queste vacanze, e soprattutto per uscire dal mischione in cui gli ultimi passi falsi ci hanno risucchiato.

Guai però a fare proclami, a rivivere i fasti della scorsa stagione e delle notti di Champions, non ce lo si può permettere e questa sera ne è l’ennesima dimostrazione. Stavolta non c’era turno infrasettimanale a distrarre le attenzioni della squadra di Mazzarri, non c’era volo transoceanico a stancare i giocatori. C’erano giusto le voci di Vargas ad alimentare l’ambiente, ma fossero queste le distrazioni ci sarebbe da auspicarsene molte altre. Quindi da oggi sempre di più testa bassa, rasente al suolo, con la consapevolezza di essere una squadra che senza lasciare ogni stilla di sudore sul campo non può raccogliere neanche un punto.  

 

(Massimiliano De Cesare)