Minuto 43 del primo tempo: Campagnaro da posizione defilata spazza sulla testa di Bolzoni che rimanda verso l’area, Cannavaro è in netto anticipo su Calaiò ma buca l’appuntamento con il pallone; il fu arciere, da solo contro De Sanctis, prova lo scavetto e trova la traversa. Qui, in questa azione è racchiuso il senso dell’intera partita del Franchi. Male, ma non troppo. Distratto ma in partita. Un Napoli che non vince perché non sa difendere, almeno non senza correre al doppio degli avversari. Una lettura del genere potrebbe in realtà sembrare semplicistica ma di fronte all’ennesimo pareggio fotocopia diventa difficile esprimere un qualsivoglia tipo di concetto non già trattato. Bergamo, Novara ed oggi Siena, un unico filo comune che collega tre trasferte identiche nella forma e nei contenuti. Tutte e tre concluse con il risultato di 1-1; tutte e tre riacciuffate per i capelli nelle battute finali. Tre partite da vincere chiuse con pareggi deludenti, molto più vicini ad una sconfitta che a delle vittorie. E pensare che le aspettative della vigilia lasciavano sperare un qualcosa di più. Il ritorno di Lavezzi ed una settimana intera per lavorare sul match, parevano essere gli antipasti migliori per tornare a nutrirsi dei tre punti. Giusto per l’occasione Mazzarri sperimenta il centrocampo a 5 arretrando Hamsik in mediana a protezione del sin qui deludente Inler; l’intenzione è chiara, proteggere l’ex Udinese con due mezzale e permettergli di impostare la manovra con maggiore tranquillità. L’esperimento però non funziona, perché nonostante la nuova disposizione è proprio il turco-elvetico a spianare la strada al vantaggio senese. Ci troviamo nel momento in cui l’ingresso di Lavezzi inizia a dare i suoi frutti e sembra vivacizzare la manovra azzurra, il numero 88 si rende protagonista di un contrasto molle a metà campo e lascia scoperta la difesa, che assiste (comunque troppo immobile) all’incornata di Calaiò. Non esulta l’attaccante palermitano, ma come Denis è un altro ex ad impallinarci su nostro errore. L’ennesimo rimpianto ad aizzare il focolare dell’insofferenza partenopea. Dalla rete del Siena al triplice fischio finale c’è spazio per il consueto anarchico forcing azzurro. Lavezzi si rende protagonista delle sue consuete serpentine; proprio da una di queste nasce il fallo di D’Agostino che ci permette di andare dagli undici metri.

Cavani saggia la dura vita del rigorista e si fa ipnotizzare da Pegolo, a conferma dello scarso feeling tra gli azzurri ed i calci piazzati. E meno male che c’è San Pandev, decisivo nel finale prima con lo splendido gol del pari, poi con un numero d’alta scuola che, anche se per un solo secondo, illude e fa sognare i tre punti. Un premio che gli azzurri non avrebbero meritato e che infatti non arriva per merito di Pegolo (protagonista inaspettato) e per nostri demeriti. Al Franchi si spengono allora i riflettori, con l’uno a uno e la dose ormai settimanale di amarezza, quello che resta nel cielo senese è una notte buia da superare attendendo una nuova alba.

 

(Massimiliano de Cesare)