È sempre difficile svegliarsi da un sogno. Tanto più se incantevole ed ai limiti del possibile come questa Champions League. Al 122esimo di una partita che segna comunque la nostra storia ci si trova a raccogliere i cocci di un’esperienza in ogni caso bellissima. Lo si fa a testa alta, ma anche con tanti rammarichi. Un divertente Erasmus vissuto in giro per l’Europa, ad ostentare la supponenza di una piccola matricola terribile, scheggia impazzita e per questo bellissima. Da ringraziare più che criticare, nonostante tutti i suoi evidentissimi limiti fisiologici. Purtroppo o per fortuna, a seconda dei casi e dei punti di vista, il calcio è sport condizionato dagli episodi; quegli istanti fondamentali in cui una nitida palla da rete può trasformarsi in un grande rammarico, oppure un’errata comunicazione tra portiere e difensore diventa improvvisamente la rete che spiana la strada ai tuoi avversari. In questo, e solo in questo, il Napoli è stato da meno del Chelsea: negli episodi. Nella capacità di saper volgere a proprio favore ogni minima inezia. Frazioni di secondo e millimetri sono andati tutti a favore dei Blues; merito della fortuna ma anche di un bagaglio d’esperienza che senza fior di milioni è davvero difficile colmare. Un vero peccato perché la compagine londinese, all’interno del doppio confronto, è apparsa tutto fuorché superiore agli azzurri. La squadra del subentrante Di Matteo si è affidata alla fisicità del suo perno Drogba, trovando sì terra di conquista nella molle opposizione azzurra, ma anche concedendo un campionario di occasioni da rete che solo la scarsa vena dei tre tenori (giunti senza voce allo Stamford Bridge) non ha trasformato in pietre d’angolo per quella che sarebbe stata una storica qualificazione. In mancanza di altro ci aveva allora provato Inler con una stoccata dal limite dell’area. Una rete che poggiava le sue speranze sul piacevole precedente di Vila Real e che si è invece rivelata l’unico jolly all’interno di un mazzo avaro in quanto a fortuna. Giunti a questo punto però, via il dente e via il dolore, rimescoliamo le carte e sorridiamo per questa partita sfortunata, il banco non è saltato del tutto e possiamo di nuovo conquistarlo: servono “solo” altre undici imprese. Grazie per averci creduto e regalato queste emozioni. Grazie per aver lottato e superato i vostri limiti sin quando è stato possibile. Grazie anche per aver sbagliato, perché solo chi non ci prova non commette mai errori. Ora guarderemo a questa fase finale con l’orgoglio di chi ne ha fatto parte.

Ci accompagnerà un pizzico di amarezza ogni qualvolta leggeremo i nomi di formazioni che non riteniamo superiori nel tabellone dei quarti, ma ferma sarà la consapevolezza che miglior uscita di scena, forse, non poteva esserci. Abbandoniamo la competizione al termine di una partita infinita e lottando sino all’ultimo secondo. Meglio che cadere sotto la triste ammissione di manifesta inferiorità. Meglio di un Bayer Leverkusen qualsiasi, tanto per intenderci…

 

(Massimiliano Di Cesare)