La trappola era già predisposta e pronta a scattare. Il Catania che arriva al San Paolo è una delle squadre più in forma del campionato, reduce da una serie impressionante di risultati e pronta a colpire con quel brio tipicamente sudamericano che sul green di Fuorigrotta ha spesso trovato terreno fertile. Succede in realtà tutto nel secondo tempo, come spesso capita da quando sulla panchina azzurra siede Mazzarri. Prima frazione di gioco trascorsa a cercare uno spiraglio che non si apre, qualche brivido di troppo su ribaltamenti di fronte che potrebbero costare caro. Il primo campanello d’allarme è un fallo di Aronica su Bergessio nell’arietta piccola, sarebbe rigore e cartellino arancione, Gervasoni sorvola e così al rientro dagli spogliatoi si è ancora in totale parità. La mossa per rompere l’equilibrio arriva dalla panchina, Mazzarri pesca il jolly Pandev e la manovra inizia a volare. L’uno-due firmato Dzemaili e Cavani arriva in una fase nella quale le frecce dell’arco azzurro sono numerose e taglienti. A questo punto sensazione di poter dilagare è lampante e legittimata dai ripetuti errori di Cavani, Pandev e Dzemaili, tanto bravi nel trovare gli spazi giusti per sfondare, quanto imprecisi al cospetto di un Carrizo ormai ridotto a pallottoliere. Tutto perfetto, o almeno sembrerebbe, perché la trappola è sempre lì, pronta a scattare. Dimenticarsene è solo un altro errore, forse il più grande. Le noti dolenti arrivano dal solito mix letale di calci piazzati e palle alte. Per il Catania di Montella rientrare in partita è un’idea realizzabile nel breve volgere di nove minuti. Spolli e Lanzafame si aggiungono alla sterminata lista delle prime reti in stagione concesse dalla difesa partenopea; sempre di testa, sempre su calcio piazzato. In contemporanea, intanto, dall’Olimpico a punire il Napoli ci pensa un altro calcio piazzato, quello di Ledesma che manda in orbita Diakité e la Lazio, allontanando un terzo posto mai così vicino in questa stagione. Non è comunque tutto da buttare, perché nel pomeriggio del San Paolo emergono alcuni spunti interessanti. In primis, la prestazione di Fernandez che finalmente posto al centro della difesa non sbanda e regala sicurezza a tutto il reparto. Svetta sui palloni alti, prende le redini della retroguardia e non sbanda negli uno contro uno concessi dalla mediana azzurra. Esce per crampi, a causa di un minutaggio troppo basso ed il Napoli incassa le due reti. Solo casualità? Difficile crederlo. Importanti anche le prove di Dzemaili e Pandev, giunti nudi alla meta, troppo stanchi per chiudere la contesa quando servirebbe la stoccata finale, ma comunque tra i migliori in campo. 

Poi ci sono le dolenti note: una difesa costantemente in affanno, spesso capace di annullare l’impatto del secondo migliore attacco della Serie A; l’handicap dei calci piazzati, tanto in fase offensiva quanto in quella difensiva; emblematiche le mancanze di uno specialista per i calci di rigore e le punizioni dal limite, oltre al fatto che ogni pallone spiovente è una potenziale occasione da rete. Insicurezze di un pacchetto arretrato esaltate (in negativo) da De Sanctis che ha, nel fondamentale dell’uscita alta, il suo tallone d’Achille. In vista delle trasferte di Torino e Roma, insomma, non tutto è da buttare, ma qualche dubbio e rammarico resta. Soprattutto guardando alle reti di Diakité e Caceres, servirà maggiore attenzione ed un pizzico di fortuna in più.

 

(Massimiliano de Cesare)