Rammarico e delusione sono i sentimenti del giorno dopo; l’eredità che lascia questo pirotecnico Roma-Napoli a tutti i tifosi partenopei. All’Olimpico, infatti, va in scena un vero e proprio delitto calcistico. Una violenza sulla rincorsa al terzo posto e sulla classifica degli azzurri, privata di altri due punti praticamente in saccoccia. Due punti che avrebbero rilanciato il Napoli in solitaria al terzo posto, attendendo la risposta della Lazio contro l’Udinese. Esattamente come contro il Catania però, nel momento in cui il traguardo pareva a portata di mano, le dormite difensive si pongono di traverso, sbarrando un terzo posto mai così vicino ed allo stesso tempo irraggiungibile. Allora, contro gli etnei, furono fatali due calci piazzati, oggi è bastata una semplice incomprensione sulla chiusura ed ecco servito l’assist per Simplicio, invitato a nozze dal corridoio centrale partenopeo, praticamente immobile sul cross di Tello. E pensare che il pareggio di Roma, estrapolato da ogni analisi a posteriori, non è un punto da buttare. Contro una squadra ferita e determinata a ben figurare come quella di Luis Enrique, il rischio di uno scivolone era concreto. L’opportunità di smuovere la classifica e non far riavvicinare i capitolini, d’altro canto, rendeva tutto sommato accettabile anche lo striminzito punticino. A lasciare il boccone amaro è stato però il modo con il quale questo si è consumato. Non tanto per la mole di gioco prodotta, quanto per la piega che la partita aveva preso. Analizzando i novanta minuti viene infatti difficile negare che il pareggio sia il risultato più giusto. Primo tempo chiaramente appannaggio dei giallorossi, ripresa dominata dagli azzurri. Se ci trovassimo di fronte a puri calcoli matematici, ci sarebbe obiettare davvero poco. Quello che però i freddi numeri non possono dimostrare è come la partita fosse ormai conclusa. Sul risultato di 1-2 e con la Roma nel mezzo di un uragano di contestazioni, sarebbe servita solo la calma. La maturità della grande squadra nel condurre in porto l’impresa. Soprattutto considerando le voragini che i giallorossi concedevano ad ogni ripartenza di Pandev e compagni. La possibilità di chiudere anzitempo ogni discussione era concreta, credibile, a portata di mano… Ed invece ecco servito il delitto.
I colpevoli di questo omicidio sono diversi. Partendo da Mazzarri: sin troppo rinunciatario nella scelta degli undici da mandare in campo e macchiatosi anche dell’insensato cambio Cavani-Lavezzi. Togliere un Matador smagliante per far spazio al Pocho, seppur comprensibile in linea teorica (sfruttare la velocità dell’argentino nelle ripartenze) si è rivelato suicida all’atto pratico, almeno considerando il diverso status di forma dei due giocatori. In seconda battuta l’ennesima sciagurata applicazione difensiva che ha coinvolto indifferentemente tutti, da Maggio a Zuniga, passando ovviamente per Fernandez e Cannavaro. Tanti colpevoli per un unico delitto. Altri due punti in meno nel carniere e la consapevolezza che con tre partite da giocare nulla è stato ancora scritto… Lazio permettendo.
(Massimiliano de Cesare)