Ci eravamo tanto amati. Lo dicono i tifosi delle curve, feriti nell’orgoglio dal giocatore che più hanno coccolato, l’uomo che avevano osannato ed eletto ad idolo sin dalla sua prima partita con la maglia azzurra. Sempre amato il Pocho, anche dopo i suoi mal di pancia ed i silenzi dietro ai quali nascondeva ambizioni maggiori. Lo dice anche Lavezzi che ha l’unica colpa di non poter capire questo amore morboso, a tratti eccessivo, di una piazza che reclama l’esclusività e non conosce mezze misure. È un discorso ragionevole quello del Pocho, il discorso del calciatore moderno che ritiene chiuso un ciclo e mira a nuove prospettive: tanto economiche, quanto tecniche. I fischi del San Paolo sono i fischi dell’amante tradito che non concepisce né il ringraziamento, né l’indifferenza. Sono l’ultimo gesto d’amore che la piazza partenopea regala al beniamino più importante del post-Diego. L’unico ad aver davvero raccolto, quantomeno ad un livello affettivo, l’eredità del Pibe de Oro. Inutile portare avanti un discorso tecnico, ma il paragone nella mente (e soprattutto nel cuore) della tifoseria azzurra ha sempre retto. La speranza che si trattasse di un nuovo capo-popolo è stata viva e legittimata, sino ad ieri, dai cinque anni passati in maglia azzurra, da quella faccia da scugnizzo che ha accompagnato la crescita e lo sviluppo del progetto De Laurentiis. Ci eravamo tanto amati, ma come ogni storia d’amore che si rispetti c’è anche il momento della rottura, non idilliaco come quello andato in scena (nello stesso giorno) allo Juventus Stadium, ma pur sempre letterario. Lavezzi ha dato tanto al Napoli, a livello calcistico. Il Napoli ha dato tantissimo a Lavezzi in termini di amore, vedendo contraccambiato questo suo viscerale affetto con il contagocce. E così, nel momento in cui Lavezzi non ha avuto il coraggio di scaricare quello stesso pubblico con le parole, ci hanno pensato i tifosi partenopei a farlo in maniera pratica, forse ingenerosa. Qualcuno ha avuto anche la forza per ringraziarlo l’ultima volta, creando un contrasto in seno alla stessa tifoseria raramente osservato in uno stadio di calcio. Ragionevoli le disquisizioni del giorno dopo, condivisibile l’idea che i fischi non siano giusti, ma saranno sempre discorsi razionali in una faccenda che di razionale ha ben poco.  

Non sono i fischi del pubblico contro un giocatore che non suda la maglia o che gioca male. Sono un qualcosa di più. L’incapacità di accettare Lavezzi con un’altra maglia. Forse il Pocho non lo capirà mai, ma è normale anche l’incomprensione dietro le rotture. La speranza, forse ultima, della piazza partenopea è quella di non dover vedere Lavezzi con la maglia dell’Inter o di una squadra italiana. Meglio oltralpe, lontano dagli occhi e lontano dal cuore; sarebbe l’ultimo piccolo regalo che l’argentino può fare a questa gente. Evitare la sofferenza di dover vedere la tua ex-moglie con l’amico fraterno ed essere costretto a sorridere a denti stretti quelle due volte che li incontri durante l’anno. All’interno dell’irrazionalità, in fondo, c’è spazio anche per questi piccoli capricci. Pensavamo fosse amore ed invece era un calesse.

 

(Massimiliano de Cesare)