Il Napoli di Mazzarri crolla all’ultima curva. Va fuori scia e cade al suolo abbandonando (forse) definitivamente quel sogno Champions League divenuto incredibilmente concreto nelle ultime settimane. In un Dall’Ara per metà azzurro, ribollente di passione e già pronto a gioire arriva infatti la beffa. Gli azzurri crollano al termine di una partita incredibile, caratterizzata da sfortuna, ingenuità e destinata a lasciare molti rammarichi in casa partenopea. Non è stato sufficiente il diverso carico di motivazioni. Non è servita nemmeno la spinta dei diecimila che hanno affollato le tribune dello stadio bolognese. Il commiato di Di Vaio al suo pubblico è arrivato con una vittoria assurda, confezionata da due fiammate di prestigio (Diamanti e Rubin) e legittimata da un finale di gara nervoso, in cui i partenopei hanno perso testa e smalto rischiando a più riprese l’imbarcata. Alla fine si chiude in dieci, perdendo Cavani (squalificato) in vista dell’ultima giornata e lasciando per strada quel terzo posto inseguito così a lungo. Difficile portare avanti una disamina tattica al termine di una partita tanto strana e fatale. Non è l’impegno a far difetto nel Napoli, né la voglia. Il primo tempo degli azzurri è anzi un inno al bel gioco; quarantacinque minuti di pura pressione che hanno fruttato tre traverse, due interventi prodigiosi di Agliardi ed almeno altre quattro palle gol limpide, tutte cestinate da Cavani e compagni. Manca dunque il cinismo così come manca una difesa sul quale fare affidamento, perché se la gara del Dall’Ara diventa un’impresa impossibile gran parte del merito (?) è da ascrivere al pacchetto arretrato. Prendere gol sull’unica sortita offensiva dei primi 45 minuti, con la difesa praticamente schierata è un errore imperdonabile e che frustra una rincorsa lunga ed estenuante. Se la sterilità offensiva giunge nuova infatti, le disattenzioni della retroguardia sono invece un problema atavico che attanaglia gli azzurri da ormai molti mesi. Un handicap che continua a costare punti in campionato ed al quale non si è riuscito a porre rimedio nelle sedi opportune. La sfida di Bologna è così solo la punta dell’iceberg, l’episodio destinato a rimanere impresso nella memoria come quello decisivo, ma le occasioni gettate al vento sono numerose (Catania e Roma in primis) e si riconducono tutte allo stesso problema di fondo.
Non è una questione di singoli, ma di reparto. Nessuno dei difensori azzurri è esente da colpe, così come il centrocampo, con l’arrivo di Inler e l’addio di Pazienza, offre inevitabilmente meno filtro ed espone la retroguardia evidenziandone tutte le lacune. Se i numeri non spiegano tutto, possono però servire a fornire un quadro generale. Rispetto alla scorsa stagione, con una giornata in meno e quindi la possibilità di accrescere entrambe le voci, il Napoli ha segnato 64 gol (contro i 59 del campionato precedente), ma ne ha incassati 45 (39 la scorsa annata). L’arrivo di Inler ha fornito sì maggiori spunti verticali, ma senza il lavoro oscuro di Pazienza, la difesa ha messo in mostra tutti i suoi limiti (tanto individuali, quanto collettivi). Domenica si dovrà dunque ospitare il Siena e sperare che questo pazzo campionato regali l’ultimo colpo di coda, poi ci sarà la finale di Coppa Italia, appuntamento principe dell’intero anno. La stagione non è ancora finita, ma gli spunti e le indicazioni per il prossimo calciomercato sono già chiari, basterà non fare orecchie da mercante.
(Massimiliano de Cesare)