La scuola è nostra è un film di Alexandre Castagnetti che ha come principali interpreti Sarah Suco e Oussama Kheddam e che entra nel panorama scolastico come una bomba che vuole distruggere tutto l’esistente, ma per creare lo spazio a una nuova costruzione.
La storia è semplice. Un’insegnante di matematica, Virginie Thévenot, viene nominata in una classe di una scuola non facile in cui ragazzi e ragazze non hanno interesse per ciò che si fa durante le lezioni: quello che propongono gli insegnanti è grigio e doveroso, senza attrattiva. Per questo c’è chi si sforza di fare bene perché vuole andare avanti e i suoi genitori lo spingono a farlo, e c’è chi sopravvive cercando alla fine di cavarsela.
La nuova insegnante porta una sfida che dapprima viene presa come follia, ma poi sfonda tra i ragazzi e le ragazze: fare ciò che interessa. Nel vedere questo film passa spesso nella mente quello che diceva don Milani: “Su una parete della nostra scuola c’è scritto grande ‘I care'”. È il motto intraducibile dei giovani americani migliori. “Me ne importa, mi sta a cuore”. È il contrario del motto fascista “Me ne frego”. Il film è così il racconto di quello che succede in una scuola in cui ogni ragazzo e ragazza fa quello che interessa, è una scuola vivace, creativa, ma che inevitabilmente si scontra con l’istituzione che invece vuole che si svolgano i programmi.
È chiaro che vi è molta immaginazione nella scuola di Virginie Thèvenot, ma lei rappresenta l’insegnante che guarda in faccia ogni studente e sa riconoscere il suo valore ed è interessante come questo sguardo crei tra i ragazzi e le ragazze un’unità che prima non c’era, si sentono parte di un luogo in cui è bello stare. Questo film è interessante perché, immaginando una scuola in cui ognuno possa dare il meglio di sé e in cui ogni insegnante voglia il meglio di ogni studente, rappresenta una provocazione a guardare la vita di ogni giorno in classe con gli occhi di Virginie Thèvenot e del suo amico Ousmane, insegnante di tecnologia che è conquistato da questo modo affascinante di far scuola.
Questo film può essere visto come contrario ai programmi e all’istituzione e la polemica c’è, e significativa, ma può anche essere visto come indicazione di ciò che oggi bisogna riportare in classe: uno sguardo all’umano, uno sguardo alla libertà che apra a nuove e più ampie prospettive. Non è forse questa l’educazione, la capacità di valorizzare il positivo che ognuno porta così che da questo nasca una costruzione nuova? È la domanda che apre una visione critica del film!
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