Per cosa si è candidato Joe Biden alle elezioni presidenziali Usa 2024? Il giornalista Tucker Carlson ha le idee chiare in merito. La sua agenda non riguarda lo stato dell’economia né comprende politiche per migliorare l’aspettativa di vita degli americani, che anzi sta calando sotto la sua guida. «La cosa principale contro cui Biden si candida è il cristianesimo. Ha già messo in prigione delle persone per aver pregato, quindi non è una forzatura», ha dichiarato il giornalista presentando l’intervista al teologo Doug Wilson, pastore della “Christ Church di Mosca“, nell’Idaho, noto per i suoi scritti sull’educazione cristiana classica e sulla teologia riformata.



Tucker Carlson ha le idee chiare anche su come Joe Biden uscirà allo scoperto in questa sua battaglia contro il cristianesimo. «Lo chiama nazionalismo cristiano, un modo per far sembrare il cristianesimo tradizionale una minaccia per il Paese piuttosto che il principio su cui era stato fondato». Per questo motivo il giornalista ha deciso di interpellare colui che più si identifica nel nazionalismo cristiano, «uno dei rari pastori cristiani americani che è disposto a confrontarsi con questioni di cultura e politica», cioè Doug Wilson.



DOUG WILSON “SE TOGLIETE DIO, LO DIVENTA LO STATO”

«Preferisco questa definizione a quella con cui vengo chiamato di solito», ha dichiarato Doug Wilson ai microfoni di Tucker Carlson. Il riferimento è al fatto che di solito viene chiamato suprematista bianco. «La sinistra odia davvero il cristianesimo», ha aggiunto il teologo, spiegando la genesi di questa espressione. Recentemente, infatti, uno degli speaker di MSNBC qualche settimana fa ha dichiarato che «chiunque creda che i diritti vengano da Dio e non dal Congresso o dalla Corte Suprema è un nazionalista cristiano di destra». Wilson ha invitato a osservare la questione da un altro punto di vista: «Perché la gente non può dire “io amo la mia nazione e sono un cristiano”?».



Per il teologo la questione è più semplice di come viene posta: «Se non c’è un Dio al di sopra della società, se non c’è un Dio al di sopra dello Stato, togliete Dio. Se non c’è un Dio al di sopra dello Stato, lo Stato è Dio. Lo Stato diventa Dio e assume le prerogative della divinità». Lo si evince nella quotidianità. Doug Wilson cita le telecamere a ogni incrocio. «Vogliono controllare tutto», anche la mente, «perché aspirano alla divinità». Il motivo è che «non riconoscono alcun Dio al di sopra di loro».

IL TEOLOGO “USA CON LEBBRA RADICALE, SERVE GESÙ”

Il paradosso per Doug Wilson è che gli attuali governanti non credono in Dio, eppure credono nel diavolo. «La loro fede nel diavolo è il motivo per cui vogliono essere come l’altissimo. Questa è stata la tentazione iniziale nel giardino. Essere come Dio». Ma non c’è la voglia di opporsi a loro in nome di Cristo, «perché non vogliamo dare il via a un’altra serie di interminabili guerre di religione». Se gli americani non sono più cristiani, come si può tornare a un sistema basato sui presupposti cristiani? Per il teologo la risposta è nei predicatori. «Non c’è modo di farlo politicamente». Bisogna continuare a predicare il Vangelo. La questione è anche urgente per Wilson: «Bisogna rendere il Paese di nuovo cristiano. Proprio così. In pratica siamo in un tale casino che non c’è soluzione politica».

Le prossime elezioni presidenziali Usa non risolveranno la questione per il pastore della “Christ Church di Mosca“. «La nostra malattia è radicale e spirituale. Abbiamo una lebbra radicale. E gli Stati Uniti devono pentirsi del loro peccato, per usare un termine all’antica, dobbiamo pentirci dei nostri peccati, della nostra arroganza, e tornare a Dio. Questo è ciò che è necessario». Per Doug Wilson servono predicatori disposti a farlo, «a proclamare che questo è ciò che dovete fare e che non devono farlo in termini di legge. La legge condanna, ma il Vangelo libera». La legge, ha aggiunto il teologo, rende consapevoli del peccato, ma il perdono arriva da Cristo. «Quindi, l’America ha bisogno di Gesù. L’America non ha bisogno di voltare pagina. L’America ha bisogno di una nuova vita. La libertà di parola è più grande di qualsiasi persona o organizzazione».